L’utilizzo dei droni per monitorare lo stato di salute dei terreni agricoli

di Giuliano Spina

La scorsa settimana abbiamo visto come il problema della siccità in Sicilia sia sempre molto attuale e come spesso metta in seria difficoltà gli agricoltori. Ma le soluzioni per contrastarla non mancano mai e a Chiaramonte Gulfi, nel Ragusano, si è ricorso all’utilizzo dei droni.

La precisione dei droni

Questa idea è stata messa in atto per riprendere dall’alto lo stato di salute dei terreni e quali accorgimenti adottare in caso di secchezza, dato che si devono adottare in delle specifiche aree.

L’imprenditore agricolo Vincenzo Paternò ha sottolineato come il monitoraggio dello stato di stress idrico della pianta venga effettuato dai droni attraverso dei sensori.

«Questi sensori dividono lo stato della pianta – ha detto Paternò – dando un determinato parametro che dice se la pianta è sotto stress idrico o meno. Questo si può fare sia dal satellite che dal drone, ma dal drone è più preciso perché la rilevazione aerea, essendo più vicina, è più precisa e i dati in questo modo sono più accurati. In una coltura irrigua come l’uliveto conoscere lo stress idrico consente di gestire l’irrigazione in maniera più precisa. Da un lato si ha il monitoraggio della pluviometria su scala anche annuale e dall’altro nel dettaglio dallo stato di fioritura si conosce lo stato di stress idrico della pianta».

Il tutto è partito da una sperimentazione, perché «a livello nazionale l’uso dei droni dall’alto non è normato e c’è pure una legge europea di qualche anno fa che norma il divieto dei trattamenti aerei, ma ai tempi si pensava ai trattamenti proprio con l’aereo. Ci sono quindi delle task force regionali che stanno raccogliendo i dati per fare delle linee guida normative». 

La sperimentazione sui trattamenti fogliari

Un altra sperimentazione ha riguardato «i trattamenti fogliari per le piante che si fanno con una botte da mille litri. In questi casi di solito si attacca al trattore un atomizzatore con il prodotto in soluzione da mille litri di acqua. Noi invece per un superficie di un ettaro col drone l’abbiamo fatto in dieci minuti e con una settantina di litri d’acqua. C’è una diluizione diversa e la studieremo con tutte le altre aziende, ma è un’ipotesi promettente. C’è da ricordare che il drone va a batterie e non c’è gasolio. Dal punto di vista fitosanitario si sta sviluppando la possibilità di fare l’analisi delle patologie delle piante e questo consentirà di fare trattamenti più calibrati».