L’Isola nel 2021 è stata la triste protagonista di emergenze di ogni tipo: dalla cenere, alle alluvioni fino agli incendi che nel mese di agosto, complici le temperature bollenti, hanno pian piano inghiottito ettari di vegetazione.
Venti tonnellate di cenere vulcanica hanno ricoperto i tetti delle case, le strade e le coltivazioni agricole di Riposto. Gli innumerevoli parossismi che si sono verificati nel corso dei mesi precedenti mettono ancora oggi in ginocchio i Comuni pedemontani. Serve liquidità, i danni causati dalla sabbia vulcanica sono ingenti. E i primi cittadini da soli, non ce la fanno più.
«Ho perso il conto di quanti parossismi si sono avvicendati negli ultimi mesi ma ciò che è certo è che i più abbondanti si sono succeduti a distanza di 7 e 15 giorni – ci racconta Vincenzo Caragliano, sindaco di Riposto in merito al discorso cenere – nella prima parte emergenziale, ci siamo interfacciati con la Protezione civile in modo da poterci muovere in tempo».
E infatti Riposto è stato il primo Comune ad aver raccolto la cenere grazie ai fondi dal valore di un milione di euro stanziati dalla Regione.
«Nella seconda fase ci siamo attrezzati con uno spazzacenere. Sarebbe superfluo sottolineare il danno provocato alle casse del Comune, oltre che alla salute ed alla quotidianità dei cittadini. In questo momento, gran parte del territorio si trova pulito soprattutto presso i centri di assembramento».
I costi per la rimozione della cenere sfiorano cifre da capogiro, avvicinandosi intorno al milione di euro. La stima dei danni, invece, in termini economici è incalcolabile.
Passano i mesi ma la situazione è al punto di partenza
Lo stato di emergenza è una delle richieste più pressanti che arrivano al Governo da parte della Regione Siciliana. A Roma però vige il silenzio (anche economico).
«Al momento siamo un po’ perplessi – commenta il primo cittadino ripostese – vorremmo incontrare il governatore per una riunione d’urgenza a garanzia di ulteriori ristori, quantomeno un ritorno dei fondi spesi poiché sono cifre importanti che gravano su Comuni già vicini al dissesto».
La Regione dal canto suo per rispondere all’attacco sulla cenere dell’Etna dice di aver ricevuto i fondi pattuiti nel corso del vertice del 5 luglio che ha visto impegnati sia il Presidente Musumeci che i sindaci dei Comuni colpiti.
«Abbiamo chiesto lo stato di calamità e non ci è stato riconosciuto. Dei fondi non abbiamo visto un solo centesimo. Eppure diverse realtà del territorio come i Vivai Faro hanno subito danni enormi. Le nostre piantagioni di un prodotto d’eccellenza come il Limone Igp sono state danneggiate dalle frequenti piogge di cenere».
La cenere come risorsa? È possibile: ma solo dopo l’ok della Regione
La sabbia o cenere vulcanica vanta tutte le caratteristiche necessarie per diventare una preziosa risorsa. Ma per sbloccare anche questo step serve il lascia passare della Regione. L’ok non arriva e i sindaci rimangono bloccati con chili su chili di materiale piroclastico.
«Abbiamo valutato delle opzioni che si propongono come obiettivo di trasformare un rifiuto in risorsa. O nell’ipotesi di rimettere a nuovo le spiegge naturali di Riposto o nella conversione a concime naturale da destinare ai vivai. Ma non siamo ancora autorizzati a “vendere” la cenere, di conseguenza siamo con le mani legate», conclude il sindaco Caragliano.