La Sicilia trattiene con sè un passaggio verso il passato. Non potrebbe essere altrimenti in un’isola intrisa di tradizioni popolari. Qui la neve manca, Babbo Natale è fin troppo distante ma la Sicilia si tiene stretta tutti i suoi riti natalizi ricordandoci sempre la vera essenza del Natale.
“Zamppognari” e “ciaramiddari”
La zampogna – conosciuta in siciliano come la “ciaramedda”– è uno strumento che vive nelle strade siciliane a Natale. Le sue origini si legano alle civiltà greche arcaiche e alla colonizzazione del Sud Italia: lo strumento si diffuse dapprima a Messina per poi abbracciare tutta l’Isola.
La tradizione vede i primi zampognari pastori, ma non mancò molto prima che lo strumento venga suonato anche dai contadini i quali, nel periodo di Natale, speravano di ricevere qualche mancia per lo spettacolo offerto e dolci per i bambini. Il suono un po’ malinconico della zampogna vanta uno dei canti natalizi più celebri: “Tu scendi dalle stelle”.
“La Novena” di Natale
Si celebra nei giorni precedenti al Natale, dal 16 al 24 dicembre. E propri i cantori accompagnavano la “Novena” ossia le preghiere di natura popolare che nel corso del tempo hanno affiancato le liturgie ufficiali.
In Sicilia la gente si radunava intorno a piccoli altari detti “Cona”, addobbandoli con arance, limoni, mandarini, mostarde, cotognate in segno di buon auspicio. La preghiera costituisce un momento molto importante per i cristiani: la più nota è melodia gregoriana composta sul testo latino ma diffusa anche nella versione italiana curata dai monaci benedettini di Subiaco.
A prova dell’immenso impatto culturale che la Novena ricopre nelle tradizioni siciliane, Giovanni Verga menziona questo rito ne “I Malavoglia”: «Come s’avvicinava la novena di Natale, i Malavoglia non facevano altro che andare e venire dal cortile di mastro Turi Zuppiddu. Intanto il paese intero si metteva in festa. In ogni casa si ornavano di frasche e d’arance le immagini dei santi, e i fanciulli si affollavano dietro la cornamusa che andava a suonare davanti alle cappellette colla luminaria, accanto agli usci».
E ancora: «Ieri fu il Natale (…). I signori Valentini son venuti tutte le sere della Novena a giocare insieme ai miei parenti. Li ho uditi parlare e ridere nella stanza da pranzo, ove era acceso un buon fuoco, cogli usci ben chiusi, e il vento che mugolava al di fuori, e qualche volta anche la grandine che scrosciava sui tetti. Come devono esser stati felici lì in crocchio, ben caldi, ben riparati, mentre al di fuori faceva freddo e pioveva!».
I presepi “viventi”
Un’altra tradizione che sembra aver restito ad una società sempre più digitale è quella dei presepi viventi. Attori, comparsi e artigiani per uno spettacolo che rende vive le rappresentazioni sacre.
In Sicilia tra i più famosi vantiamo il presepe vivente di Caltagirone (CT), una vera e propria arte che tiene ben stretta a sè le tradizioni, le rappresentazioni di Gangi nel palermitano dove l’evento si svolge in uno dei borghi più belli d’Italia e quello suggestivo di Custonaci (TP) che si tiene nella Grotta Mangiapane di Scurati.
“U’ Zuccu”
Lo Zucco, un immenso falò, brucia nell’attesa della nascita di Gesù Bambino: la tradizione, molto diffusa in Sicilia, ha certamente origini pagane e si lega ai fuochi accessi in occasione del solstizio d’Inverno in virtù del Sol Invictus.
“U’Zuccu” simboleggia la purificazione, la luce in mezzo alle tenebre. Il grande rogo si accende solitamente nelle piazze principali nella notte della Vigilia di Natale. In alcuni paesi, prima dell’accensione, la catasta di legna viene inoltre benedetta da un sacerdote alla presenza del sindaco.