La cenere dell’Etna, un elemento che caratterizza Catania e tutto il circondario nella parte nord della provincia, ma che spesso si guarda come un qualcosa dal quale ci si deve liberarci quando a seguito delle eruzioni cade in quantità notevole per le strade e persino come causa di incidenti stradali. Più volte però si è pensato anche a come poterla riciclare e l’Università degli Studi di Catania in tal senso non si fa trovare certo impreparata.
La scoperta presentata a Padova
Un team di ricercatori del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’ateneo etneo ha infatti illustrato circa un mese fa al Congresso Nazionale Congiunto della Società Italiana di Mineralogia e Petrologia e della Società Geologica Italiana, svoltosi a Padova, come la cenere dell’Etna possa essere utilizzata come materiale per la stampa 3D.
Un esempio di economia circolare
La ricercatrice Sabrina Zafarana ha mostrato alcuni dettagli di questa scoperta è stata portata avanti come si tratti di un’idea che si basa sul concetto di economia circolare.
«Un rifiuto offerto dalla natura – ha detto la Zafarana –, la cenere dell’Etna appunto, che può essere riutilizzata per creare materiali e che quindi ha un valore. Ci riferiamo nello specifico alla stampa di materiali 3D, come vasi, panchine, per stampare qualsiasi oggetto di piccole o grandi dimensioni. Il materiale viene inserito all’interno di una stampante e può essere modellato come una specie di argilla, la stampante lo stampa prendendo come riferimento il file inserito dall’operatore, con qualsiasi forma o dimensione, e dopo il processo di stampa il materiale può essere utilizzato facendo venire fuori un oggetto».
Come si è arrivati a ciò?
La procedura è stata la seguente: «Abbiamo testato la formulazione. In questo caso abbiamo utilizzato due tipi di scarti differenti, la cenere dell’Etna e il vetro per la produzione di fibre ottiche. Prima in laboratorio abbiamo prodotto dei cubetti che poi abbiamo testato per capire se il materiale fosse valido. Quando abbiamo visto che questi materiali avevano delle buone prestazioni abbiamo fatto la stampa in laboratorio. Quindi quando ci siamo assicurati che la stampa potesse mantenere la propria forma dopo la stampa e che non collassasse abbiamo stampato gli oggetti. L’idea è partita da gruppo di ricerca diretto dal professore Paolo Mazzoleni e dalla professoressa Germana Barone, assieme anche a Claudio Finocchiaro. Durante il mio periodo all’estero abbiamo lavorato con la stampante 3D».
A cosa può tornare utile la scoperta?
La scoperta sarà presentata al TEDx Catania Salon, la prossima domenica a Viagrande, in maniera divulgativa, ma nello stesso «stiamo cercando di pubblicare il lavoro per farlo leggere a tutta la comunità scientifica e non solo. Questo studio l’ho fatto durante il mio dottorato, quindi negli ultimi due anni, anche se è stato pubblicato recentemente. Cerchiamo di valorizzare i materiali per dargli una nuova vita piuttosto che lasciarli in discarica. Adesso cercheremo di stampare qualcosa di più grande che possa essere visto, per esempio per il decoro e per l’arredo urbano, che possa servire ai cittadini. Il gruppo ha brevettato dei materiali che hanno cenere dell’Etna al loro interno per poterli riutilizzare nell’edilizia. Sulla stampa 3D lavoriamo da almeno un anno








