I luoghi che ospitano storie di mistero in Sicilia si trovano in diverse parti e anche la provincia di Agrigento ne ha uno davvero particolare. Il Castello Incantato di Sciacca sorge nella parte occidentale della città e venne messo in piedi dall’artista Filippo Bentivegna, uno dei massimi rappresentanti dell’art brut.
Come nacque questo luogo?
Al suo interno si trovano diverse teste scolpite da Bentivegna, nato nel 1888 da una famiglia composta da pescatori e contadini. Tra il 1912 e il 1913 emigrò negli Stati Uniti e rientrò nella nostra Isola nel 1919 pensando bene di acquistare circa tre ettari nella periferia di Sciacca per trascorrervi il resto della sua vita.
Così cominciò a scavare tra le colline estraendo la pietra per scolpire queste teste e mettere su questo castello incantato. Le sculture raffigurano sia dei personaggi famosi che altri comuni e queste teste, alle quali lui dava un nome, sono disposte sia a semicerchio che in forma piramidale.
La storia di Filippo Bentivegna
Ma la storia di Filippo Bentivegna la racconta il presidente della società cooperativa che gestisce il castello, Giuseppe Gulino, che mostra anche il motivo per il quale Filippo fu costretto a tornare in Sicilia.
«Il Castello Incantato – narra Gulino – in realtà non è un castello, bensì un giardino nel quale si trovano 3mila sculture realizzate da Filippo Bentivegna, che si era nominato re del luogo dandosi il titolo di Sua Eccellenza. Queste sculture erano il suo popolo pietrificato, perché a ogni scultura dava un nome. Ci sono Garibaldi e Mussolini e tantissimi indiani tra le facce scolpite. Filippo era un saccense e andò negli Stati Uniti a cercare fortuna, ma lì ebbe una disavventura d’amore. Si innamorò infatti di una ragazza e per colpa di lei lo bastonarono a morte. Non si capisce se a bastonarlo furono i genitori di questa ragazza o un rivale in amore. E’ stato quattro giorni in coma e quando si è risvegliato non era più lo stesso. Con i soldi guadagnati lì si comprò il terreno a Sciacca e passò il resto della vita fino alla morte a scolpire la pietra e gli alberi».
La scoperta di un medico riguardo alla storia di Filippo
E l’attività di Filippo non si fermava a scolpire la pietra, ma la sua vicenda ha influenzato quella di altre persone. Scopriamo insieme perché.
«Ai suoi cani Bertoldo e Bertoldino tagliava il pelo a forma di testa. Lui era principalmente un marinaio, pescava e vendeva pesce. Prima della pandemia qui abbiamo organizzato una serie di eventi per il 50esimo della sua morte. Durante uno di questi un medico ha presentato un libro nel quale portava tantissimi esempi di persone che al risveglio dal coma manifestano qualità che prima non avevano, tipo cominciare a parlare lingue diverse, a dipingere o a fare musica. Il medico ha detto che ogni essere umano ha una parte del cervello dormiente, dove abbiamo qualità nascoste che si possono manifestare dopo fortissimi traumi. E’ quello che è successo a Filippo, che non sapeva di essere un artista prima del coma».
Un trauma psicologico
Il coma però gli procurò un trauma anche psicologico, perché «dopo essere rientrato a Sciacca per via del trauma non ebbe più una donna nella sua vita. Si chiuse in questo terreno e passò il resto della sua vita a scolpire fino alla morte. Ci possono essere delle dicerie che affermano che la sua anima sia ancora all’interno del terreno, ma non è accertato».








