Antichi rimedi, fatture e rituali: la Sicilia, come tutte le isole del Mar Mediterraneo, vanta un antico legame con la magia. Che l’obiettivo fosse allontanare le influenze malefiche o curare le malattie, le donne siciliane avevano all’occorrenza rimedi di ogni tipo molto lontani dalla medicina tradizionale e gonfi di superstizioni.
Il viaggio nella magia popolare inizia qui.
Via il male con la Benedicaria
La tradizionale orale, condita dall’influenza della religione, aveva dato vita alla Benedicaria. Sul culto della Madonna, di Gesù Cristo e di Dio prendevano forma riti attenti e puntuali che, complice la povertà, si svolgevano con umili ingredienti. Acqua e sale, ad esempio, erano noti per le loro proprietà antibatteriche e sterilizzanti. Dunque venivano spesso usati in rituali catartici contro il malocchio e le identità maligne.
Ad esempio, quando si riteneva necessario purificare la propria abitazione si spruzzava acqua e sale in tutta la casa pronunciando una formula magica che cambiava in base alla zona della Sicilia d’appartenenza. Gli elementi invocati uniti alle parole abbattevano l’invidia “soccu pènzanu”, le imprecazioni “socchi dìcinu” e le azioni disoneste “chiddu ca fanu”. Se invece l’abitazione era nuova, bisognava “inaugurarla” lavandola con l’acqua e spazzandola, ma al fine di purificare la casa i nuovi conquilini portavano il pane e spargevano sale.
Per proteggere le partorienti, invece, si usava mettere nel letto dell’aglio, considerato un potente antisettico, battericida intestinale e delle vie respiratorie. La pianta è da sempre legata al mondo della superstizione e della magia: si crede che farsi il segno della croce tenesse lontano da vari tumori.
Le fatture e il malocchio
Mal di testa perpetuo, nausea e stordimento erano considerati tutti sintomi del malocchio. La magia popolare siciliana vantava diversi rimedi per contrastare le fatture, il frutto marcio di invidia e rancore.
A Sommatino, ad esempio, le donne convinte di aver ricevuto una fattura versavano l’acqua in una bacinella per poi mescolarvi al suo interno un pugno di sale e disperdere l’acqua salata in giro per la casa pronunciando un incantesimo. Mentre a Racalmuto si creavano piccoli cumuli di sale posti agli angoli della casa per allontanare iettature. A Caltabellotta, invece, si recita una formula magica mentre si getta il sale alle spalle della persona – magara – che ha probabilmente fatto la fattura a danno di chi recita l’incantesimo.
L’alternativa più diffusa in Sicilia comunque consisteva nel versare in un piatto un po’ d’acqua e un po’ di olio: recitato il formulaio, se le gocce d’olio si allargavano vi era conferma che ci fosse il malocchio. A quel punto le donne prendevano tre pizzichi di sale e lo buttavano sopra l’olio come per accecare gli occhi della “magara”.
I riti per trovare marito e per le nascite
Non sedersi agli angoli, non passare la scopa sopra i piedi erano alcune superstiziosi che negavano il matrimonio. Altre formule invece servivano a stimolare l’intervento del fato sulle 18enni che non si erano ancora sposate. Indipendente dall’età della ragazza, una delle usanze più bizzarre al fine di ricevere una proposta di matrimonio era quella di mettere tre fave sotto il cuscino della ragazza: una intera, una appena pizzicata e una completamente sbucciata. Al risveglio, la giovane avrebbe dovuto estrarne una. Qualora avesse preso quella intera avrebbe sposato un uomo ricco, quella appena pizzicata invece un uomo né ricco e né povero mentre quella sbucciata un uomo povero.
Trovato il marito e celebrate le nozze era tempo per la nascita di un figlio. Per scoprirne il sesso bastava versare una goccia di latte dal seno in una ciotola piena di acqua due settimane prima del parto. Se la goccia andava a fondo, il nascituro sarebbe stato maschietto. Oppure, qualora nella casa dove era presente una donna incinta il marito avesse raccolto da terra un ago sarebbe nato un maschio. Se uno spillo, invece, una femmina. Inoltre, la culla del neonato si doveva preparare esclusivamente il mercoledì.