Alessandro Zan lo aveva annunciato qualche minuto prima della votazione: «Se passa la tagliola, la legge è morta». E così è stato.
Il voto è stato segreto, 154 favorevoli 131 contrari e 2 astenuti. Così il Ddl Zan si ferma in Senato e con questo la possibilità di prevenire e contrastare gli atti di violenza che abbiano alla base un movente relativo al sesso, al genere o alla disabilità.
Che una vittoria non sarebbe stata raggiunta così facilmente, ne eravamo tutti consapevoli. Il progressismo sbandierato nei social rientra nei confini ovattati di una “bolla” fatta di uguaglianza che è scoppiata: ad essere lo spillo è stata la classe politica. Anche la Chiesa aveva chiesto una rimodulazione. Eppure l’articolo 3 comma 4 della Costituzione parla chiaro: “L’uguaglianza sostanziale implica che lo Stato si adoperi effettivamente ed efficacemente per assicurare la parità dei diritti”. Forse ancora una volta prevalgono le logiche di partito sui diritti civili?
“È una grave sconfitta”
Al momento del Ddl Zan non se ne parlerà per altri sei mesi quando cambierà la legislatura.
«La speranza è l’ultima a morire – afferma Armando Caravini presidente di Arcigay Catania – ma dobbiamo stare con i piedi per terra. Con grande probabilità la prossima legislatura sarà retta dalla destra che non andrà sicuramente ad attenzionare la tematica. In fondo stiamo aspettando una legge dagli anni ’90, e neanche i governi più o meno sensibili hanno fatto qualcosa. È una grave sconfitta per le forze politiche che si definiscono progressiste; abbiamo una classe dirigente inadeguata e lontana anni luce dalle vere esigenze degli italiani».
Applausi in aula dopo il voto
Una standing ovation, applausi, un guizzo di gioia negli occhi dei senatori: il video che cattura l’attimo successivo al voto è diventato subito virale, raccogliendo accanite critiche circa “l’aria di festa in aula” che a molti risulta inappropriata.
«Vederli esultare come se avessero vinto una battaglia è una vergogna», sentenzia Caravini.
«Gli applausi, quella gioia, sono la cifra di ciò che rappresentano: la miseria umana, lo squallore – rincara Giovanni Caloggero consigliere nazionale di Arcigay – Non si festeggia sulla perdita dei diritti di una comunità. Il disegno di legge Zan avrebbe dato diritti a chi non ne aveva e certamente non ne avrebbe tolti ad altri. Il Ddl non ne avrebbe tolti né a Simone Pillon né alla Lega, avrebbero aggiunto qualcosa a noi».
L’alternativa di Salvini
Appresa la notizia dello stop al Ddl Zan, non è mancata la pronta risposta del leader della Lega Matteo Salvini che ha suggerito di ripartire dalla proposta del Carroccio per “combattere le discriminazioni lasciando fuori i bambini, la libertà di educazione, la teoria gender e i reati di opinione”.
«Per dirlo alla Cardaroli: questa proposta è una porcata – sottolinea il Presidente di Arcigay Catania – Non tutela la comunità, non tutela la persona omosessuale se vittima di un atto di violenza, non è un’estensione della Legge Mancino anche perché parliamoci chiaro: la Lega non vuole neanche la legge Mancino. Questo testo da loro proposto è una semplice provocazione, è stata formulata in fretta e furia per potersi sciacquare di dosso la nomina di omofobi. Italia Viva vorrebbe addirittura modificare l’articolo 7 sull’identità di genere su cui si crea confusione: non si può abolirla e concentrare tutto nell’orientamento sessuale».
«La stessa legge sulle unioni civili non è altro che un compromesso. Non possiamo e non vogliamo accettare tutto questo: una legge o è buona o non lo è. Preferiamo combattere come sappiamo fare, tornare a mobiliarci per portare a casa un vero risultato».
“La famiglia tradizionale non è mai esistita”
Per Maria Saporana senatrice della Lega in aula contro il Ddl Zan «solo la famiglia tradizionale può proteggerci dalla decadenza della società moderna». L’idea di tradizione a cui siamo stati abituati si scontra con una realtà dove la nuzialità è precipitata.
«Questo concetto non è mai esistito – spiega Caloggero – ai tempi della Bibbia, la prima famiglia fu Abramo e Sara. Lei era sterile e Abramo fece un figlio con la sua serva. La stessa famiglia che lapida la moglie adultera, insomma. La famiglia è un progetto di vita condivisa, una sussistenza di amore e progettualità da chiunque sia composta, la famiglia è questo».
L’Italia è sempre più vicina alle politiche anti LGBT+
L’Unione Europea ce la sta mettendo tutta: un primo passo è stato fatto comminando una pena dal valore di un milione di euro nei confronti della Polonia con l’accusa di mancato rispetto dei diritti civili. Ma non tutti i Paesi seguono la scia dell’Ue.
«Siamo sempre più vicini alla destra autoritaria della Polonia, dell’Ungheria, della Turchia. La destra italiana strizza l’occhio all’ex ventennio fascista. I diritti civili però non sono la bandiera ideologica di un partito, riguardano la sensibilità di ogni persona. Ma d’altra parte se la destra è stata quantomeno compatta, il centro sinistra ha avuto le sue mancanze perché è divisa. Vediamo esponenti politici che si definiscono di sinistra ma che hanno politiche di destra. Tutta la classe dirigente è inadeguata, sta giocando sulla pelle della comunità LGBT+», conclude Armando Caravini.
«La legge Mancino c’è ma non si estende sull’istigazione all’odio nei confronti degli omosessuali – sottolinea Caloggero anche ex presidente dell’Arcigay Catania -. Se urlo “frocio” sto annaffiando il terreno dell’odio. Tutti abbiamo la nostra dose di colpe: deve essere fatta un’opera capillare che parli nelle piazze, chiarisca i dubbi».
Dinanzi al fallimento (almeno per ora) del disegno di legge la comunità LGBT+ si sta mobilitato. A Catania, se le condizioni meteo dovessero permetterlo, si terrà una manifestazione promossa dall’Arcigay: «Chiederà pubblicamente che vengano fatti i nomi: chi ha votato contro si esponga, ci metta la faccia. L’elettorato deve vedere chi li rappresenta», conclude Giovanni Caloggero.