Una nota verba “scritta in terza persona” ed affidata alla diplomazia scuote l’opinione pubblica. L’oggetto è la “rimodulazione” del ddl Zan. Il mittente è nientemeno che il Vaticano.
La proposta di legge è vista in Vaticano come il sigillo di un pensiero unico e che dunque, violi pienamente il Concordato firmato nel 1984, figlio del concordato del ’29 siglato tra Mussolini e Pietro Gasparri in seno ai Patti Lateranensi.
Per la Chiesa il testo è troppo vago. Ad essere minacciato è l’articolo 2 commi 1 e 3. Cadere in un fraintendimento sarebbe estremamente facile. Eppure ciò che il Vaticano teme, in realtà, sarebbe protetto dalla Costituzione: ne abbiamo parlato con Luca Pedullà, avvocato e docente di diritto ecclesiastico presso l’Università Kore di Enna.
«Questi sono diritti già tutelati dalla carta costituzionale e quindi non possono mai subire una lesione. L’articolo 21 garantisce questo diritto a tutti i soggetti, addirittura i padri costituenti hanno usato anche un’accezione possiamo dire allargata di libertà di culto. Nell’art. 19 quel “tutti” si riferisce neanche ai cittadini italiani bensì a tutti coloro i quali si trovano su territorio italiano. Quindi è marzialmente garantita. Come avrebbe detto qualcuno la situazione è grave ma non è seria: alla fine non c’è un problema di libertà di manifestazione».
«Le dichiarazioni dei preti? Non sarebbe corretto parlare di discriminazione: il sacerdote rappresenta il Magistero della Chiesa e dunque riferisce ciò che prevede la dottrina. L’Italia tutela già i diritti fondamentali e la libertà d’espressione sia dei suoi cittadini che non».
Non dimentichiamo, inoltre, come il ddl Zan mira a frenare gli episodi di violenza che hanno alla radice un movente discriminatorio. L’articolo 4 recita: “Sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”.
La dottrina però ha qualcosa in comune con il ddl Zan: i principi di uguaglianza e tutela degli oppressi.
Al Vaticano non va giù neanche un altro degli articoli della proposta di legge, ossia l’istituzione di una giornata nazionale contro l’omofobia, la bifobia, la lesbofobia e la transfobia. Se il Ddl Zan diventasse legge, infatti, anche le scuole cattoliche per cui i genitori pagano spesso una profumata retta in quell’occasione dovrebbe affrontare questioni spinose che non si sposano (forse si o forse no) con i “programmi cristiani”.
«Molti principi, valori, patrimonio del nostro ordinamento repubblicano trovano conferma nella carta fondamentale dei cristiani cattolici: le leggi camminano sulle gambe degli uomini. Le scuole cattoliche hanno un’autonomia e su questa base possono decidere come affrontare il tema. Questa occasione può essere utile per mostrare cosa fa la Chiesa per combattere le discriminazioni, in un momento di riflessione e dialogo. Il dialogo è sempre costruttivo, e chi ne ha paura sfugge a sé stesso».
Una questione che si estende “sul buon costume”
La “goccia che ha fatto traboccare il vaso” è sul piano giuridico in un argomento che non è mai stato esente dallo sguardo morale. L’omosessualità, nel 1931, rientrava nella violazione del regio decreto num. 773 che autorizzavano “misure di pulizia” contro coloro che mettevano in pericolo la pubblica morale e il buon costume.
«Un esempio frutto di una cattiva prassi, di uno scostamento linguistico tra il linguaggio giuridico e quello popolare. Il buon costume ha una connotazione ben precisa che troviamo nell’articolo 19 sulla libertà religiosa: i padri costituenti furono attenti alla moralità sessuale. Il diritto cammina e deve camminare con il sociale. I guasti si verificano quando c’è uno scostamento tra ciò che vuole il diritto e quello che vuole la società. Un codice post guerra è molto rigido, porta alla sospensione di molti diritti. È il frangente che lo richiede. Lo abbiamo appena vissuto con la pandemia. Il buon costume è una cosa, la moralità pubblica è ben altra».
«Ad esempio, dal momento in cui due uomini vogliono sposarsi sono tutelati dalla legge Cirinnà. La Chiesa non potrebbe mai consentire una cosa del genere e non perché non si è adeguata ai tempi ma perché il fine della Chiesa non è un fine civile bensì soprannaturale e deve garantire ai suoi fedeli la vita ultraterrena. L’unione è indissolubile, eterosessuale poiché finalizzata alla procreazione (all’interno del matrimonio) che può essere portata a compimento solo tra uomo e donna».
Le reazioni politiche
Se Salvini mostra piena soddisfazione per la posizione intrapresa dalla Chiesa, Renzi parla di un “autogol” da parte dell’Istituzione religiosa. Giorgia Meloni, a Bruxelles definisce la sinistra “schizofrenica” e chiede chiarezza. Per Fico «il Parlamento è sovrano». Più ermetico il premier Draghi che parla di un dialogo tra le parti per chiarire i dubbi sul Ddl Zan.
Ma adesso che succederà?
Secondo l’avvocato Pedullà, il Concorda va rivisto: «Non esiste cosa peggiore della cristallizzazione dei diritti. Il costume si evolve, la morale si evolve. Il Concordato va rivisto ma non demonizzato».