Shein di nuovo sotto attacco. I capi contengono sostanze pericolose per l’essere umano.
Abbiamo già parlato in passato del costo del fast fashion. In quell’occasione avevamo infatti analizzato il documentario tradotto in ben 19 lingue “The true cost” di Andrew Morgan. Si parlava dei noti brand del fast fashion: Primark, H&M, Zara. Tutti pronti a seguire il susseguirsi delle collezioni, a riproporre capi alla moda a prezzi stracciati. Fino a 52 stagioni l’anno, per un armadio in cui aggiungere qualcosa ogni settimana, senza criterio, senza stile, senza necessità. Un armadio che in fondo non conosce dimensioni.
Ci siamo chiesti in quel caso quanto valessero davvero 5,99?
Sfruttamento dei lavoratori, sfruttamento del lavoro minorile, utilizzo di sostanze tossiche. Questo è quanto valgono 5,99 euro.
A tornare al centro dell’attenzione adesso è Shein, colosso del fast fashion.
Attraverso il sito internet o tramite l’app è possibile acquistare capi di abbigliamento, scarpe, accessori, articoli di arredamento a prezzi più che stracciati. Un susseguirsi di offerte, di sconti su sconti, zero spese di spedizione sopra un determinato ordine… Tutto per invogliare un acquisto spesso non necessario.
Una nuova indagine di Greenpeace Germania, nei giorni che precedono il Black Friday, ha portato a centro dell’attenzione Shein. Questa volta però non si tratta dei problemi sopra citati, ormai noti. Non si tratta di sfruttamento dei lavoratori, di diritti calpestati, di sfruttamento delle risorse ambientali, di inquinamento. Questa volta ad essere in pericolo sono proprio i consumatori, siamo noi. Ad essere in pericolo è la nostra salute.
Da un’analisi effettuata in laboratorio su 47 capi Shein acquistati in diversi paesi europei è emerso un dato agghiacciante. I capi del noto brand del fast fashion conterrebbero sostanze chimiche pericolose a livelli maggiori a quanto consentito dalle attuali leggi europee. Un dato che dimostrerebbe la pericolosità dei capi per la salute di chi li indossa oltre che di chi li crea. Un dato che renderebbe questi capi non idonei alla vendita in Europa.
Il rapporto L’ultra fashion di Shein: un modello di business insostenibile basato su sostanze chimiche e devastazione ambientale
E’ così che si chiamerebbe quindi il rapporto condiviso da Greenpeace per denunciare quanto emerso dall’analisi. La presenza di almeno una sostanza chimica pericolosa è stata registrata nel 96% dei prodotti analizzati. Il 32% conterrebbe sostanze chimiche dannose in quantità “preoccupanti”, mentre il 15% invece in quantità pericolose e del tutto illegali.
I 47 prodotti SHEIN sono stati acquistati tra Italia, Austria, Germania, Spagna e Svizzera.
La cosa assurda è che di questo Shein ne è ben consapevole. Sull’app infatti Shein pubblica degli avvisi di richiamo quando scopre di aver venduto articoli contenenti piombo nocivo esortando i clienti a smaltirli e distruggerli in autonomia. In questo caso vi regalano un buono da 10 euro da spendere sul sito. Oltre il danno la beffa direbbe qualcuno.
Il problema è che a pagare il prezzo di tutto ciò siamo noi e il pianeta.