Il mondo delle discoteche assappora una vittoria dolceamara: ieri il verdetto del Consiglio dei Ministri ed è andato meglio del previsto. Il Cts aveva già detto sì – come era già successo in estate – ma con regole più rigide, smorzate poi dalla riunione del Cdm. La riapertura ci sarà: green pass e il 50% di capienza i locali al chiuso, al 75% quelli all’aperto.
Ma non solo: obbligo di installare un sistema d’areazione forzata in tutto il locale che renda così superfluo l’utilizzo della mascherina in pista da ballo. Sono queste le condizioni che permetteranno ai gestori dopo un fermo di ben due anni, di tornare ad aprire le porte del divertimento ai giovani. Quest’ultimi, in realtà, non hanno mai smesso: dietro l’escamotage degli aperitivi con musica d’ascolto in Sicilia, o le cene-spettacolo nella zona del Riminese che prontamente degeneravano in serate tali e quali a quelle pre-Covid, chi ha scelto la strada dell’abusivismo ha continuato a lavorare aprendo le discoteche. E anche tanto.
Adesso dovrebbe toccare invece ai centinaia di locali chiusi da 20 mesi ma che, a fronte delle voci di corridoio degli scorsi giorni rischiavano comunque di tenere spente le luci delle piste da ballo.
«Non ha senso aprire mantenendo il 35% di capienza – aveva tuonato Gabriele D’Ambra vicepresidente di Assointrattenimento- Le aziende iniziano a guadagnare, dopo essere rientrati nelle spese sostenute, dopo un certo tot di clienti. Una discoteca necessita di base di 15-20 dipendenti. Con questi numeri non ci sarebbe alcun profitto, anzi i gestori andrebbero in perdita. Per non parlare dell’ingente costo del sistema d’ereazione forzata, un impianto che si utilizza negli aerei e dove sono presenti rifiuti tossici».
Eppure il Cts aveva già dato l’ok i primi di giugno, prolungando l’attesa fino a luglio fino al “no” secco da parte del Consiglio dei Ministri che oggi, dopo i lunghi mesi di inattività sembra più propenso alla riapertura delle discoteche. Questo però non basta.
«Lo Stato è impotente. I controlli sono totalmente assenti e comunque non riuscirebbero a coprire i 16mila italiani che ogni sabato sera riempiono le piste da ballo abusive. Abbiamo l’esempio del rave sul lago di Mezzano, vicino a Viterbo. I comizi politici? Fanno rabbia. Il mondo notturno è stato demonizzato, malgrado conti 180mila dipendenti. I ragazzi continuano malgrado la crisi sanitaria in atto ad aggregarsi, contribuendo ad ogni modo all’aumento dei contagi. Ci è stata tolta la possibilità di divertimento sicuro e controllato: le discoteche italiane vantano le regole più rigide di Europa sia a livello sanitario che di sicurezza», prosegue D’Ambra.
Un piccolo sospiro di sollievo anche per i gestori siciliani che con il ritorno dell’Isola in zona bianca potranno riaprire con un po’più di certezze, ma sempre lontani dai numeri di un tempo. Un fattore che in tempi di crisi, conta.
«Passerà qualche mese prima che il settore muoia definitivamente – sentenzia il vicepresidente di Assointrattenimento- sarà una lunga agonia. Basterebbe il green pass, un metodo già collaudato per i viaggi, per la sicurezza dei giovani che vogliono tornare nelle discoteche. Si può aprire un locale che andrà in perdita? E come potrebbe guadagnare se lo Stato non chiude chi fa concorrenza sleale?».