La scorsa settimana l’Università degli Studi di Catania ha intrapreso una collaborazione con alcuni ricercatori dell’Università di Hirosaki, in Giappone, per studiare gli effetti biologici del gas radon nei paesi alle pendici dell’Etna.
Il progetto Kakeni
L’incontro di presentazione è avvenuto lo scorso martedì 25 novembre nei locali dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico Rodolico San Marco, alla presenza del rettore dell’Università di Hirosaki, l’ortopedico Yasuyuki Ishibashi, del direttore dell’ospedale sempre di Hirosaki, il chirurgo gastroenterologo Kenichi Hakamada, una rappresentanza di docenti dell’ateneo nipponico e del commissario straordinario del Policlinico Giorgio Giulio Santonocito.
Il progetto, denominato Kakeni, prevede quindi lo studio dell’impatto ambientale del gas radon sulla popolazione etnea. Durante l’edizione del Tgr Sicilia dello scorso 27 novembre è stato raccontato come i ricercatori giapponesi siano stati accolti a Trecastagni e a Randazzo per l’installazione di un monitor per il rilevamento del gas radon, anche per accertare gli effetti negativi sulla salute dell’uomo.
Dove il gas radon viene emanato esattamente
I livelli più elevati di gas radon sono stati rilevati negli edifici più vicini alle faglie, nello specifico sui fianchi est e sud del vulcano. Per questo motivo il team di ricercatori si è concentrato sui centri di Trecastagni e Randazzo. Inoltre per portare avanti questo progetto verranno effettuati degli esami del sangue a dei cittadini che vi si vorranno sottoporre volontariamente.
L’incontro con i ricercatori giapponesi avverrà ogni tre mesi in un anno, ma in pochi ricorderanno che alcuni mesi dopo il famoso sisma di Santo Stefano del 2018 venne accertato come le faglie dell’Etna emettano proprio questo gas. In quel periodo venne accertato come le faglie fratturino in maniera molto intensa le rocce circostanti aumentando in questo modo la loro permeabilità. Per questo motivo i gas contenuti al loro interno raggiungono molto facilmente la superficie e tra questi c’è anche il radon, che viene monitorato h24 dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia attraverso dei sensori in alcune aree nelle quali si verifica l’attività vulcanica e sismica.








