Adrano: il caso Carmelo Arcoria trova pace dopo oltre dieci anni, è ergastolo per i pregiudicati Nunzio Lo Cicero e Vincenzino Scafidi. Di Arcoria si trovarono solo resti umani carbonizzati.
Il personale della Squadra Mobile e del Commissariato Pubblica Sicurezza di Adrano hanno dato esecuzione all’ordine per la carcerazione, emesso in data di ieri dalla Procura Generale della Repubblica della Corte D’Appello di Catania, arrestando i pregiudicati Vincenzino Scafidi (anni 51) e Nunzio Lo Cicero (anni 45).
I due condannati, in via definitiva, alla pena dell’ergastolo, sono riconosciuti colpevoli, in concorso tra loro, dei reati di omicidio aggravato, detenzione e porto illegale di arma da fuoco e distruzione di cadavere. Avrebbero infatti carbonizzato il corpo di Carmelo Arcoria.
Il verdetto della sentenza arriva dopo una causa lunga dieci anni, le indagini furono avviate il 15 dicembre 2010, quando dentro una vettura interamente bruciata furono rinvenuti ad Adrano i resti di un corpo umano carbonizzati. Le analisi forensi dimostrarono che i resti del corpo erano Carmelo Arcoria.
La scomparsa di Arcoria era stata denunciata dalla moglie di lui il giorno prima del ritrovamento. La donna aveva difatti dichiarato di non averlo più visto dal pomeriggio del giorno precedente.
La vittima si occupava della gestione di una cooperativa dedita alla raccolta di agrumi. Grazie ad una serie di indagini dettagliate è venuto alla luce che Arcoria si era inserito in un contesto di false attestazioni delle giornate lavorative dei braccianti agricoli. Questo al fine di ottenete indebitamente indennità illecite di disoccupazione.
Gli accertamenti hanno inoltre evidenziato un credito di 5000 euro che la vittima vantava nei confronti dello Scafidi. Arcoria e lo Scafidi intrattenevano da lungo tempo rapporti di lavoro. In proposito il pomeriggio del 13 dicembre 2010 si sarebbero dovuti incontrare per discutere della restituzione della somma.
Le analisi dei tabulati telefonici hanno permesso di accertare informazioni importanti. Tra il 12 e il pomeriggio del 13 dicembre 2010, risultavano ripetuti i contatti tra i due condannati. Al telefono contraddicevano le dichiarazioni rese da prima agli inquirenti.
Infatti nel corso dell’attività tecnica posta in essere nei confronti di Scafidi si registrava una conversazione nella quale il predetto si attribuiva la paternità del delitto, consumato con la complicità di Lo Cicero, anch’egli legato alla vittima da rapporti di affari.
Rinchiusi presso il carcere di Termini Imerese i due arrestati, espletati gli adempimenti di rito, cosi come disposto dall’autorità giudiziaria.