La storia di Giovannino risale a quattro anni fa. Il dolore dei genitori non si è mai attenuato come la sete di giustizia che li pervade. Il faccino del loro bimbo, ritratto nell’unica foto che mamma Valentina e Papà Lucio sono riusciti a scattare gli da la forza per continuare la loro battaglia legale contro la malasanità.
«Giovanni stava bene, fino all’ottavo mese ho portato avanti la gravidanza splendidamente. Poi è insorto il diabete gestionale e l’ipertensione -racconta Valentina Sidoti- e il bambino ha iniziato a prendere peso. Una condizione che riteneva necessario un parto cesareo: ma non erano della stessa opinione le due ginecologhe dell’ospedale Papardo che invece hanno proceduto con il naturale. Se mi avessero fatte il cesareo, Giovanni sarebbe qui con noi».
Proprio il peso del bambino, dunque, e il mancato monitoraggio di questo da parte del ginecologo di famiglia avrebbe condannato il piccolo alla morte.
L’Ospedale Papardo è considerata una struttura d’eccellenza: «Sarà un polo d’eccellenza ma non è attrezzato. Una volta che Giovanni doveva essere sottoposto ad un trattamento ipotermico, la struttura era completamente impreparata e in gravi condizioni il bimbo è stato trasferito al Policlinico», prosegue Sidoti.
Il 21 settembre 2017, ad appena quattro giorni dal parto, Giovannino perde la sua battaglia tra la vita e la morte per asfissia.
E qui inizia un’altra guerra
«Nessun genitore dovrebbe mai provare un dolore simile. Chiediamo giustizia per il nostro bambino e per tutte quelle famiglie che vivono la nostra stessa sofferenza. Ma chiediamo giustizia anche per evitare che un altro genitore possa vivere la perdita di un figlio», affermano i genitori del bimbo.
Attualmente il processo è in corso: dopo che la posizione di un’infermiera è stata stralciata, sono ancora imputati il ginecologo della mamma e la dottoressa Anna Maria Pullia, che ha guidato il parto. Le posizioni di altri tre medici, invece, sono state archiviate.
La prossima udienza dibattimentale si terrà il prossimo 24 settembre quando saranno ascoltati i consulenti delle parti. I genitori del bambino si sono costituiti parte civile.
Da una tragedia nasce una realtà di aiuto ed ascolto
«Io e mio marito ci siamo sostenuti nel dolore, a differenza di molte coppie che purtroppo non hanno la stessa fortuna. Siamo stati la forza l’una dell’altro. Siamo andati avanti -sottolinea la mamma di Giovannino- non abbiamo ricevuto alcun sostegno psicologico».
Dalla propria esperienza, Valentina Sidoti e Lucio Cucinotta hanno fondato l’associazione Giovannino Vive che si pone l’obiettivo di fornire un supporto psicologico ai genitori che, sfortunatamente, stanno vivendo un’esperienza simile. Ma non solo: tra i progetti futuri dell’associazione vi è la proposta di installazione di telecamere in sala parto e l’istituzione di una task force di specialisti.
«Io sono stata fortunata in quanto tutto ciò è avvenuto alla presenza di mio marito che ha potuto testimoniare quanto avvenuto ma non è sempre così. Si installano telecamere nelle case di cura e nelle scuole per tutelare i più deboli ma non per provare chi non agisce in maniera trasparente?Chi ha fatto questo alla nostra famiglia, ha mantenuto il suo posto, continua a far nascere dei bambini. E noi?»