Si è svolta stamattina, dinanzi al bene confiscato alla mafia in via Barbagallo numero 2 nella frazione di Pennisi, la conferenza stampa urgente indetta dalle associazioni Arci Sicilia e “I siciliani giovani”. A presenziare all’evento diverse personalità, compreso il sindaco di Acireale Stefano Alì, che si sono succedute nel racconto dei fatti degli ultimi giorni, avanzando richieste e chiarendo le responsabilità in campo dello Stato.
“L’immobile ha di per sé una storia particolare – esordisce Rosario Rossi – essendo stato confiscato praticamente per due volte. Nel lontano 2013 il Comune di Acireale lo ha acquisito come patrimonio comunale, probabilmente per ragioni di abusivismo, ma nessuno se n’è mai reso conto ed è intervenuto.
Ha subito quindi una prima confisca nel 2013 da parte del Comune di Acireale. E una seconda confisca nel 2018 da parte dello Stato e affidamento all’Agenzia dei Beni confiscati. Una storia abbastanza unica. La sostanza è che quindi già dal 2013 doveva essere istituita la fruizione collettiva e invece non è ancora così”.
A dargli manforte, nel secondo intervento di giornata, è Dario Pruiti presidente di Arci Servizio Civile Acireale, che pone l’accento sulle potenzialità inespresse di tutti i beni confiscati per mafia e ancora inutilizzabili.
“Qualcuno ha detto che avremmo fatto bene a farci i fatti nostri rispetto alla vicenda scoperchiata. Noi non ce l’abbiamo con le singole persone, loro stanno scontando il debito con la giustizia. Se hanno commesso reati interverrà la magistratura. Noi siamo in giro per la Sicilia sul tema dei beni confiscati per raccontare un’altra storia, fatta di inefficienze. Questo bene, come molti altri, è entrato definitivamente nel patrimonio dello Stato, qui non c’entrano più i soggetti privati. La cosa pubblica deve tornare ad essere fruibile per tutti.
Migliaia di immobili per tutta la Sicilia potrebbero diventare alloggi universitari, servizi per la comunità e risolvere i problemi abitativi. Lo Stato deve intervenire in fretta. Il senso di tutto è che è necessaria una risposta della comunità acese. Un supporto, senza girarsi dall’altro lato. Non siamo qui a fare gli eroi, pretendiamo solo che i diritti vengano rispettati. E questo può verificarsi pure grazie ad una vigilanza attiva della cittadinanza. Non molleremo”.
Le critiche più forti, atte a scuotere le istituzioni troppo spesso dormienti sulle tematiche mafiose, arrivano da Matteo Iannitti, che definisce fallimentare l’azione dello Stato nello sconfiggere concretamente la mafia.
“D’ora in avanti mi auguro che si cammini insieme tra associazioni ed istituzioni per provare a cambiare le cose. Non è possibile che le chiavi del posto ce le abbia ancora la persona che ha subito la confisca. Non è normale che il 1 ottobre, dopo la nostra segnalazione, il posto sia stato lasciato abbondonato. Dodici giorni dopo si è consentito, dalle dieci del mattino, di distruggere un bene che doveva servire ai bambini di Acireale. Questo è un fallimento dello Stato. Oggi lo Stato deve chiederci scusa per come ha gestito il territorio. Noi il 13 ottobre abbiamo fatto il nostro dovere di cittadini, chiamando polizia e carabinieri. L’indomani il preposto impunemente è tornato qui ed ha rimontato la cancellata e continuato a vandalizzare i terreni. E’ questo il modo in cui lo Stato combatte la mafia? E questo il modo in cui la democrazia si dimostra più forte di un mafioso?
Noi – prosegue Iannitti – non possiamo per sempre svolgere un servizio di supplenza alle istituzioni. Non abbiamo pistole nelle tasche, non siamo pubblici ufficiali. E’ scandaloso dover informare gli organi competenti telefonicamente della presenza di una ruspa in un bene dello Stato. Il significato per cui siamo qui è che, come accade in tutti i comuni siciliani, deve essere fatta una battaglia tutti insieme. Non è possibile che in uno Stato democratico venga data responsabilità ai giornalisti o ai cittadini di essere polizia, carabinieri, guardia di finanza ecc. ecc. Ognuno deve fare il proprio lavoro. Nonostante i danni economici siamo comunque disponibili a prendere il bene in gestione. Lo Stato deve essere più forte della mafia e, ahimè, se oggi siamo qui significa che non ci è riuscito”.
A metà conferenza è intervenuto Nicola Grassi, presidente Asaec, per ribadire il sostegno alle associazioni in prima linea in questa battaglia e denunciare l’annoso problema dei bandi che propongono beni in situazioni precarie.
“Siamo a fianco dell’ARCI e de “I giovani Siciliani” in questa battaglia di denuncia continua di beni confiscati ed occupati e non restituiti alla collettività. I beni confiscati sono sotto attacco. Non soltanto dal punto di vista di chi li occupa, ma sono sotto attacco pure dall’ignavia e la non curanza dello Stato. In sede di sopralluogo dei beni messi al bando sono state riscontrate situazioni indecenti: beni occupati, beni distrutti.
Da parte nostra non sono mancate le segnalazioni agli organi preposti. E ancora oggi, dopo più di un anno, ci troviamo di fronte ad un bene non solo confiscato, ma pure occupato e addirittura vandalizzato. Tutto questo è inaccettabile. La nostra proposta, insieme ad Arci e I Siciliani, è di impegnare le risorse economiche sequestrate dalla Procura non solo per potenziare il corpo delle forze dell’ordine, ma pure per recuperare questi beni e metterli a disposizione della cittadinanza. La collettività deve prendere consapevolezza della grande opportunità derivanti dai beni confiscati. Possono essere un’opportunità di sviluppo del territorio. Non smetteremo di combattere”.
Un appello accorato è stato lanciato da Giovanni Caruso, vicepresidente de “I Siciliani”, con la speranza di non scadere in un triste scarica barile per quanto concerne la risoluzione del problema legato all’immobile confiscato.
“Devo ribadire che questa non può essere considerata una vittoria. Semmai una sconfitta arrogante davanti alla comunità civile. Io non credo che i tavoli tecnici possano funzionare. Ce ne siamo occupati, c’è un tavolo che doveva partire dalla Prefettura di Catania e non è mai partito. Io credo nell’inchiesta de “I siciliani” e dell’Arci, dove abbiamo realmente fatto vedere com’è la situazione.
Tutti sapevano ma nessuno ha mosso un passo, c’è qualcosa che non funziona. Mi auguro che ora non incominci il gioco dello scarica barile, sarebbe molto triste oltre ad essere un’ulteriore sconfitta. Con questo appello chiedo ufficialmente che tutto venga risolto nel modo migliore possibile. Se la cancellata è stata rimessa dal signor Lanzarotti, chiedo che venga rimossa e che venga presidiato questo posto. Potrebbe succedere ancora altro. Questo è il primo passo che bisogna fare”.
La risposta delle istituzioni arriva per bocca di Stefano Alì, sindaco del Comune di Acireale, il quale ha ringraziato le associazioni e spiegato le problematiche dovute alla confisca di immobili mafiosi.
“L’amministrazione di Acireale ha dimostrato chiaramente di stare dalla parte del diritto. Grazie ad una delibera ci siamo accorti dell’immobile, facendo una ricerca particolare. C’è una carenza da parte dello Stato. Noi spesso facciamo degli sgomberi di immobili occupati abusivamente, è molto difficile perchè tendono a rientrarci. Quello che facciamo è lasciare la polizia locale o le guardie giurate per controllare che non rientrassero gli abitanti, cambiando i lucchetti. L’agenzia dei beni ha una grossa carenza di personale e risorse.
L’esperienza ad Acireale è fallimentare, purtroppo. Un fallimento per questo ed altri immobili acquisiti. Per un altro bene confiscato successivamente ci si è accorti che vi era una comproprietà con la moglie del soggetto a cui era stato tolto. Anche dal punto di vista della legge si dovrebbe fare un passo avanti, si deve trovare una soluzione. Nessuno vorrà prendersi in carico un bene al 50% e quindi rimangono nella disponibilità dei soggetti a cui sono stati sequestrati. Lo Stato deve investire su questo e altri aspetti. Per esempio i fondi per la demolizione delle opere abusivi. Deve dimostrare di essere forti con i forti e non solo con i deboli. Questa è la triste conclusione della vicenda, ancora aperta e che speriamo di chiudere in favore del territorio. Ringrazio le associazioni che hanno vigilato e si sono accorte di quello che stava succedendo e grazie all’impegno che ci mettono”.
L’intervento di Elisa Marino, membro dell’associazione Libera Acireale, ha toccato un punto focali: la stretta collaborazione tra istituzioni e associazioni sempre più indispensabile e il bisogno di tavoli tecnici per coinvolgere attivamente le associazioni impegnate sul territorio.
“Le associazioni, più delle istituzioni, hanno una voce in capitolo. Devono assolutamente essere coinvolte, non solo con strumenti collaterali ma nei tavoli tecnici e nei posti in cui si decide, si pianifica e si stabiliscono le risorse. Forse più degli altri le associazioni hanno dimostrato di sapere com’è la mappatura del territorio, come funzionano queste situazioni e come i beni possono essere restituiti realmente alla collettività”.
Ecco come si presenta oggi il bene confiscato dallo Stato e oggetto di atti vandalici perpetrati illegalmente con l’utilizzo di una ruspa.