Il Trunzo di Acireale, ortaggio simbolo del territorio etneo

di Redazione

Negli ultimi anni il Trunzo di Acireale sta conquistando sempre più attenzione. Si tratta di un cavolo rapa coltivato nella zona di Acireale e nelle aree limitrofe, di piccole dimensioni e riconoscibile per le sfumature violacee della parte edule, tipiche delle colture nei terreni lavici dell’Etna. Le sue proprietà non sono di poco conto: ricco di minerali e vitamine, secondo la ricerca medica possiede una spiccata azione detossificante.

La coltivazione del Trunzo

Nella prima metà del Novecento il Trunzo era molto diffuso nei mercati ortofrutticoli della provincia etnea. A partire dagli anni Quaranta però la sua coltivazione subì un forte calo. Oggi, grazie al riconoscimento come Presidio Slow Food, l’ortaggio ha ritrovato nuova vita e il suo utilizzo si è esteso anche a piatti della gastronomia contemporanea. Tra le preparazioni più apprezzate spicca l’arancino al Trunzo di Acireale, nel quale l’ortaggio può essere usato sia cotto che crudo, dando vita a un abbinamento dal sapore unico.

L’arancino al Trunzo: la ricetta

A raccontare come nasce questo particolare arancino è Emanuele Serpa, imprenditore della ristorazione:

«Il Trunzo di Aci è l’unico presidio Slow Food della città di Acireale. Tradizionalmente veniva usato per l’insalata o stufato. Dal 2015 abbiamo deciso di trasformarlo in arancino, partendo proprio dalla ricetta dello stufato. Lo cuciniamo con salsa e cipolla, poi lo uniamo al riso condito con formaggio Ragusano Dop».

Il risultato è un arancino totalmente vegetariano, che ha conquistato sia i clienti acesi sia quelli catanesi.

Un prodotto identitario

Il successo ha spinto ristoratori e produttori a creare un’associazione per valorizzare il Trunzo di Acireale e farlo conoscere anche attraverso eventi nelle piazze.

«La sensibilità attorno a questo ortaggio è cresciuta molto – sottolinea Serpa – fino a trasformarlo in una vera eccellenza del territorio».

Attualmente i produttori sono tre: Enzo Pennisi (capofila), Salvatore Marino e Giovanni D’Avola.

«Come ristoratori – conclude Serpa – lo proponiamo non solo nell’arancino, ma anche in insalata e in abbinamento al baccalà fritto. L’obiettivo è inserirlo stabilmente nella cucina catanese, così da renderlo riconoscibile a tutti i clienti».

Giuliano Spina