Da Mussolini in avanti, i giornalisti sono entrati in politica dalla porta principale. Da allora a oggi sono passati più di cento anni, nondimeno, nel 2025, il quarto potere rimane saldo in sella, verisimilmente per l’attitudine a decriptare i desiderata dei cittadini, interpetrandone i bisogni di sicurezza, quanto non a guidare, attraverso l’attività di comunicazione, anche di sollecitazione, interventi legislativi, atti a sterilizzare i rischi, ad allontanare i pericoli. Nel citare il singolo, Matteo Salvini, segretario della Lega, ma giornalista professionista, si risale all’ufficio stampa dello stesso partito per segnalare il disegno di legge, indirizzato a impedire l’accesso alle piattaforme dei social network, in uno con il divieto all’utilizzazione dei servizi di messaggistica per i minori di 14 anni.
Quantunque il testo, come nella normalità degli atti parlamentari, porti la firma dell’ex ministro, Erika Stefani, il patrocinio è da ascrivere al leader della Lega, mentre la curatela assegnata all’ufficio stampa nazionale.
A cosa si deve tanto impegno?
Alla scivolosità della materia, difficile da trattare per molteplici ragioni. Innanzitutto la verifica dell’età dei fruitori. Arduo appurarla, in ragione delle svariate opportunità, offerte dal sistema aperto della navigazione ipertestuale, di ingannare il gestore, comunque l’autorità preposta alla vigilanza. Segnatamente, le governance delle piattaforme si troverebbero nella condizione di violare costantemente i diritti alla riservatezza degli utenti, qualora obbligate al controllo. Se non bastasse, la condizione di creare un falso profilo per le generazioni digitali è un gioco, appunto da ragazzi. Naturalmente, ancora oltre, esattamente nel campo dei diritti collettivi, coloro i quali sono schierati a sinistra, vedono nella limitazione della libertà digitale il configurarsi della censura preventiva.
Nel 2024 il disegno di legge numero 1136, promosso dalla senatrice Lavinia Mennuni del Partito Democratico, in ordine alla tutela dei minori online e all’uso dei social media, aveva preceduto quello della Lega. Adesso, in Senato, si giocherà la partita sui tempi e sui contenuti. Con una avvertenza, nel disegno di legge 1136 figurano tra i proponenti senatori di Forza Italia.
Cosa prefigurano i due provvedimenti?
In pillole, i due provvedimenti hanno promotori diversi, prefigurano, quindi, accordi di voto in Senato e alla Camera, differenti rispetto alla configurazione dell’attuale maggioranza e di futuribile modifica nella geografia dell’opposizione. In più contengono, due differenti approcci, quello della Lega prevede il vincolo per l’uso dei social, tra i 14 e i 16 anni, legandolo al consenso dei tutori, invece nel modello configurato dal Partito democratico e da Forza Italia, postula l’accesso all’età di 15 anni, consentendo ai genitori la deroga anche sotto il limite stabilito.
Nel confronto tra divieto tout-court, a fronte dell’approccio guidato, sorvegliato verso l’educazione digitale, si consumerà il confronto in Parlamento. A margine, si segnala la crescita di un’area di disagio, all’interno di Forza Italia nei confronti della Lega, collocata sempre più a destra dal duo Salvini – Vannacci.