A James Hillman, psicoanalista di ortodossia junghiana, si deve una delle più compiute definizioni, in questo caso riferita al pubblico eloquio: «Le parole sono come cuscini, quando sono disposte nel modo giusto alleviano il dolore». In un contesto decisamente differente, durante i suoi tanti viaggi in Sicilia, Carlo Levi, trattando la condizione contadina di allora, titolò i suoi racconti, Le parole sono pietre. Ora, si vada per un attimo indietro a rievocare la polemica scoppiata nei giorni scorsi tra il segretario della Cgil, Maurizio Landini in contrapposizione alla premier, Giorgia Meloni, definita dal sindacalista, cortigiana di Trump, durante un’intervista televisiva sull’emittente La 7. E, assecondando il gioco, nel quale uno dei più prestigiosi intellettuali francesi, Raymond Queneau, si spese con il saggio, Esercizi di stile, offrendo per la stessa frase novantanove modi diversi di pronunciarla, si immagini per un attimo l’allocuzione fosse cambiata in vassalla di Trump. Ecco, in tal caso, quali reazioni?
Meloni alleata di Trump
Verosimilmente, la Meloni avrebbe dichiarato di respingere la definizione, definendosi alleata di Trump. Ma a questo punto il rischio sarebbe stato quello di apparire come una sorta di megafono del potente presidente statunitense. Salvo a spiegare, la ragione di tale schieramento, ovvero la costruzione di una destra mondiale, nella quale la Meloni, legittimamente, aspira a essere la capofila europea.
Non è poco, in quanto Landini avrebbe ottenuto con la variante vassalla, a pensarci bene una sola parola appioppata alla Meloni, di portare alla luce il progetto neoconservatore internazionale, ridimensionando, addirittura, il ruolo di Donald Trump da capo dell’esecutivo statunitense in promotore di un progetto politico reazionario.
I dittatori del passato
Di questi, ritenuti dalla crescente incultura politica, erroneamente, giochi di parole, avevano coscienza nel passato diversi dittatori. Uno tra tutti, Benito Mussolini, il quale, non solo coprì i muri delle città italiane con lo slogan Il duce ha sempre ragione, bensì chiuse tutti i giornali avessero a criticare la sua persona, in funzione del ruolo. Tanto temeva la cultura lui, quanto il suo alleato Hitler da indurre Joseph Goebbels esclamare: «Quando sento parlare di cultura metto mano alla pistola».
Alla cultura, invece, al confronto, alla dialettica ci si dovrà ancorare per spazzare l’odio da sostituire con la capacità di confronto.