Necropoli di Pantalica: le origini delle sue leggende

di Giuliano Spina

La provincia di Siracusa, come abbiamo già visto, ha diversi luoghi in cui sono presenti diverse leggende e storie di mistero. Questo volta ci spostiamo sulla necropoli di Pantalica. Si tratta di uno dei luoghi protostorici di tutta la Sicilia, in particolare per studiare quello che nella nostra Isola è stato il passaggio dall’età del bronzo a quella del ferro.

Cultura delle api e cultura dei morti

Ma in questo sito sono presenti diverse aree avvolte nel mistero, in primis le tombe a grotticella artificiale scavate nella roccia calcarea. I segreti di queste leggende li mostra la guida naturalistica Paolo Uccello, che spiega quali sono le due accezioni dell’intera area di Pantalica.

«Pantalica viene chiamata – spiega Uccello – sia come la cultura delle api che come la cultura dei morti. La cultura delle api perché in effetti è un immenso alveare, con le sue 5mila tombe distribuite appunto su cinque necropoli; la cultura dei morti perché c’era più rispetto dei morti che dei vivi, in quanto secondo quello che diceva Paolo Orsi i cavatori si facevano calare per la vita e scavavano a pesi, quindi il rito dell’inumazione era così difficile da poter costare la vita agli stessi cavatori. L’altra curiosità è che il defunto veniva seppellito in forma fetale, con la tomba che diventava grembo materno che doveva di nuovo partorire il defunto, secondo i riti di rigenerazione e di rinascita».

L’importanza dei riti

E proprio questi ultimi riti sono importanti, dato che «il portello tombale poteva essere in pietra, in legno o in semplice muratura, possiamo dire che nella parte alta dell’insediamento di Pantalica c’era l’abitato e in quella bassa il cimitero. Questo rapporto con i defunti era molto forte, anche perché le distanze tra l’abitato e il cimitero era abbastanza breve».

Le origini del toponimo Pantalica

Il toponimo del luogo è affascinante, in quanto «Panta e Lithos vogliono significare tutto roccia oppure, come piace a me, la montagna sacra dei Siculi, perché questo luogo è fortificato dall’Anapo e dal Calcinara diventando un presidio importante per tutto il territorio. Per quanto riguardano invece le leggende una di queste riguarda un serpente enorme che mangia capre, agnelli e bambini e che ruba il feto dalle donne incinte. Non è altro che la femmina della biscia col collare diventata sterile e che migra dall’alveo fluviale e che si ingrossa a dismisura. E’ comunque un animale innocuo che se disturbato va in morte apparante».

Il toponimo del fiume e le leggende

Il toponimo del fiume riguarda il mito d’acqua, perché «Anapos deriva dal greco e vuole dire invisibile o fiume che scompare. La caratteristica di questo fiume è quella di ingrottarsi. La leggenda dice che Plutone rapì Proserpina e che a un certo punto la ninfa Ciane si oppose a questo ratto. Plutone con il suo tridente la trasformò in fiume e Anapo per amore si fece trasformare in fiume. Così questi due fiumi che scorrono paralleli si incontrano nel canale della Mammaiabica a Siracusa».

«C’è da dire che questa necropoli è sopravvissuta in periodi successivi, perché è stata abitata nel periodo bizantino attorno a tre oratori rupestri, San Nicolicchio, San Micidiario e la Chiesa del Crocifisso. Questi oratori dovevano essere molto importanti, soprattutto San Micidiario, perché vi troviamo delle tombe all’interno e quindi si trattava o di un prete o di un eremita importante. Ci sono affreschi perché nel periodo bizantino per rappresentare un’icona le persone dovevano essere piene di umiltà, in quanto l’icona è spirito».