È un termine poco utilizzato, che si potrebbe dire sconosciuto nelle lezioni di yoga. Tuttavia, questa tecnica yoga viene utilizzata per ogni asana. Drishti è lo sguardo yogico. Ce ne sono nove e ogni asana è associata a un Drishti: naso, tra le sopracciglia, ombelico, pollice, mani, piedi, alto, lato destro, lato sinistro. Quando fissi l’orizzonte durante la posizione del guerriero stai usando Urdhva Drishti. Li hai già usati senza saperlo perché è impensabile praticare yoga senza usare lo sguardo.
Etimologia di Drishti
Drishti è un mezzo sottovalutato, ma essenziale per sviluppare un’intenzione concentrata. Si riferisce al quinto ramo dello yoga, pratyahara, relativo all’astrazione dei 5 sensi, così come al sesto ramo, dharana, relativo alla concentrazione. L’etimologia di Drishti “Dṛṣṭi” deriva dalla radice sanscrita dṛś, che significa “vedere”, oppure in altre regioni dell’India viene tradotto “sguardo” o anche “punto focale”. Come gli allenamenti dei monaci shaolin, che hanno come scopo quello di educare i ragazzi alla concentrazione, disegnano sulla superfice del muro un punto rosso, dove allenarsi a mantenere lo sguardo per alcuni minuti, senza sbattere le ciglia fin quando poi non si chiudono le palpebre. Questo incrementerebbe moltissimo la concentrazione nei ragazzi.
In modo pratico permette l’allineamento della sommità del cranio con la colonna vertebrale. Ecco perché ce ne sono nove, a seconda dell’asana per cui viene utilizzato. Fissare un punto particolare porterà naturalmente la testa in una posizione, e quindi il collo, e in definitiva allenerà la colonna vertebrale. Per fare un paragone più o meno scontato, è un po’ come quando prendi la patente e ti dicono che in caso di pericolo non dovresti assolutamente guardare il pericolo, ma la soluzione più appropriata per evitarlo. Il tuo cervello dirigerà il tuo corpo dove stai guardando. Ebbene, per un’asana, la direzione dello sguardo sarà parte integrante della postura perché “guiderà il corpo” e correggerà piccoli errori posturali. È anche un ottimo modo per trovare e mantenere l’equilibrio, specialmente nelle posizioni avanzate dello yoga. Questa volta, niente potrebbe essere più semplice. La difficoltà è mantenerlo.
Scegliere un punto sul quale fissarsi
Ognuno deve scegliere un punto sul quale fissarsi, l’importante è che non sia qualcosa che si muove troppo, oppure uno dei nove Drishti, la fiamma di una candela (trataka) o un punto interno, come per esempio il punto in mezzo alle sopracciglia, l’Ajna Chakra. Il Drishti funziona anche ad occhi chiusi!
L’obiettivo non è forzare gli occhi, ma lasciarli andare fino a quel punto. Lo vedi senza vederlo, è sfocato, è più una porta aperta che un punto fermo. Di nuovo, gli occhi non dovrebbero farti male e dovresti fermarti se inizi a lacrimare. La pratica di Trataka, per esempio, ovvero fissare lo sguardo sulla fiamma di una candela, risulta davvero utile per stabilire obiettivi, consolidare pensieri, guardare dentro e fuori di te, fissare chi sei e su chi sarai in base alle tue azioni. E’ molto semplice ed efficace, via via ci abituiamo a queste pratiche di preparazione alla meditazione, che ci aiutano a mantenere la mente stabile e di non vagare quando siamo immersi nei pensieri inconcludenti.
Nicol Sundari