Immaginate di essere usciti per passare qualche ora di svago con i vostri amici. Immaginate di aver bevuto qualcosa e di sentirvi un po’ brilli, leggeri, spensierati. E immaginate, in un clima così disteso di sentirvi addosso gli occhi di qualcuno. Un ragazzo vi fissa da mezz’ora, senza motivo alcuno. O forse sì.
Ma quello sguardo non lusinga, anzi vi mette a disagio. Così per un attimo, alzate lo sguardo nella sua direzione e sentite pronunciare un “che cazzo guardi?”. Poi il buio: siete svenuti al primo pugno. Sì al primo. Perché dopo è solo un’escalation di violenza fino all’arrivo dell’ambulanza.
Questa è la storia di Zahira, una ragazza trans catanese che due settimane fa è stata aggredita in piazza Currò, uno dei luoghi di ritrovo più gettonati tra i giovani. In un luogo affollato, le persone presenti non l’hanno salvata ma anzi sono state in silenzio ad osservare come le botte le riempivano il viso fino a spaccarle la mascella.
«Come sto? Emotivamente ci vorrà del tempo per riprendermi. Fisicamente, meglio. Per due settimane non ho potuto mangiare cibi solidi», ci racconta Zahira.
Ennesima vittima dell’odio di genere, Zahira è stata aggredita in quanto trans e quindi oggetto di derisione e scherno: « Se il DDL Zan fosse stato approvato, adesso sul mio aggressore penderebbe un’aggravante. Quel ragazzo potrebbe pagare per ciò che mi ha fatto. Per la mascella rotta e per le ferite dell’anima».
«E invece no. Il DDL Zan non ha sostegno perché vogliono continuare ad aggredirci senza subirne le conseguenze».
L’unica consolazione è la rete di solidarietà che si è accesa a Catania tra un sostegno emotivo (che fa sempre bene) e il tentativo di riconoscere il ragazzo che ha aggredito Zaira: sembrerebbe, inoltre, che l’aggressore avrebbe pestato altre persone seguendo la scia dell’odio.
Un odio ingiustificato che miete ancora tante, troppe vittime.