Le Terme di San Calogero a Lipari, nelle Isole Eolie, una vera e propria cattedrale nel deserto per la quale ancora non c’è un futuro certo. Situate ad alcuni chilometri di distanza dal centro abitato di Lipari e nella parte occidentale a 150 metri sopra il livello del mare, sono state aperte negli anni ’70 dell’Ottocento. Lo scopo fu quello di sfruttare le sorgenti termali già presenti dai tempi precedenti.
Nel 1975 però venero chiuse per diversi motivi, come l’assenza della linea telefonica e in particolar modo per le strade delle vicinanze, non facilmente carrozzabili. Verso la metà degli anni ’80 partirono i lavori di ristrutturazione, ma soltanto nel 2011 vennero riaperte in qualità di sede per eventi d’arte contemporanea. Nel 2013 venne anche realizzato un Ecomuseo della Memoria sulla sua storia.
Al momento però le terme sono chiuse e lo scrittore e ricercatore Pino La Greca, intervenuto ai nostri microfoni, ha sottolineato come la concessione mineraria sia stata revocata già nei primi anni del 2000 da una precedente amministrazione comunale.
I prodromi della questione
«L’allora sindaco Mariano Bruno – ha detto La Greca – abbandonò la concessione mineraria, restituendola quindi all’ente minerario. Da quel momento l’impianto non figurò più come area mineraria e finì per diventare un bene nella disponibilità del Comune di Lipari. L’impianto, distante una decina di chilometri dal centro urbano di Lipari, dal 1600 circa era un albergo con annesse terme e l’ultima ristrutturazione era stata fatta nella metà dell’Ottocento dal Comune di Lipari, che aveva costruito su vecchi ruderi questo grande complesso, con accanto la stufa, nella quale c’erano questi bagni caldi dove la gente riceveva il trattamento curativo termale».
«Ma la distanza dal centro urbano, l’assenza di strade carrabili e l’isolamento della struttura rendevano i giorni della cura noiosi e pesanti. Nel ‘900 si fecero iniziative e manifestazioni attorno alla struttura. La strada venne realizzata, ma l’impianto era rimasto vecchio e ormai obsoleto. La classe politica di Lipari nei primi anni ’70 del ‘900 diede incarico a un ingegnere per un progetto per un albergo nel quale effettuare le cure, con ristorante e aree per attività creative. I finanziamenti regionali erano però parziali e ci si limitò a ristrutturare l’immobile esistente. Così lavori si fermarono, i finanziamenti non arrivarono e la struttura venne abbandonata».
Come per ogni struttura abbandonata le conseguenze furono negative, in quanto «cominciarono a verificarsi – ha proseguito La Greca – atti di vandalismo nell’impianto, nel quale vennero sistemate delle famiglie che erano rimaste fuori dalle case a seguito del terremoto del 1978. Nel frattempo fu scoperto l’impianto di età neolitica, e quindi legata all’epoca micenea, assieme alla piscina romana dove c’era la fonte dell’acqua. Tutti questi elementi ritardarono i tempi e anche se ci fossero stati i soldi avremmo avuto un impianto incompleto. Oggi ogni idea deve partire da quello che c’è».
Le idee per il recupero non mancano e chi al cuore la questione relativa a queste suggestive terme non si ferma certo.
«C’è stata una cooperativa sociale – ha concluso La Greca – che ha fatto in modo di organizzarvi delle attività museali raccogliendo del materiale di pomice e delle terme, ma che non aveva soldi e che non poteva permettersi investimenti di una certa portata, fondamentali per qualsiasi struttura museale. C’è stato nel 2015 qualche privato che ha proposto qualche soluzione, ma il sindaco di allora non ha dato seguito alle richieste dell’imprenditore. Le idee sicuramente ci saranno, ma l’eventuale utilizzo delle acque per scopi curativi presuppone che l’imprenditore faccia gli studi igienico-sanitari e che riprenda la concessione mineraria».
L’archeologa Maria Clara Martinelli ha parlato di quella che è l’importanza archeologica della zona, che «è stata scoperta – ha detto la Martinelli – in occasione di lavori di sistemazione e ristrutturazione dell’edificio termale. Furono scoperti un impianto termale di età greca e romana, ma soprattutto una costruzione a blocchi sodomi, denominata thòlos, simile a quelle che si trovano in Grecia. Questa scoperta fu fatta da Luigi Bernabò Brea e l’impianto usato sin dall’età del bronzo venne occultato nel IV secolo dopo Cristo da eventi tellurici che lo distrussero. Venne quindi ricoperto e venne aperta solo questa cupola. L’area archeologica è visitabile solo dall’esterno, ma l’Ente Parco Archeologico di Lipari ha in programma dei lavori di sistemazione».
Giuliano Spina