Non è solo la vigilia di Halloween. Non è folklore da cartolina o maschere da scaffale. Samhain (pronuncia: so-in) è un’antica celebrazione celtica, uno dei quattro sabba maggiori del calendario pagano. È il Capodanno spirituale, il punto di confine tra ciò che è stato e ciò che sarà.
Il tempo del buio fertile
Samhain rappresenta la fine del ciclo agricolo e l’inizio del semestre oscuro. È il momento in cui la natura si ritira, le piante si spogliano e il seme torna alla terra. Ma non è morte: è il tempo del silenzio da cui tutto ha origine. Come il grembo accoglie la vita prima della nascita, così la terra custodisce il seme nel buio, preparando la rinascita.
Una soglia sottile tra i mondi
In questa notte, secondo la tradizione, il velo tra il mondo dei vivi e quello degli spiriti si assottiglia. È possibile percepire presenze, ricevere messaggi, intravedere i contorni dell’invisibile. Samhain è la porta tra i mondi, tra il visibile e l’oltre, tra ciò che è manifesto e ciò che resta in ombra.
Antichi riti prevedevano l’accensione di fuochi sacri, l’omaggio agli antenati e l’ascolto dei sogni. I defunti venivano accolti con un posto a tavola, e alle soglie delle case si lasciavano cibo e offerte. Era un tempo per onorare le origini e fare pace con il passato.
Ecate, la Dea delle soglie
Custode di questa notte sacra è Ecate, dea arcaica dei crocicchi, del buio, della luna calante. È la signora delle chiavi, del limen tra vita e morte, tra l’io presente e le sue profondità. Con lei si entra nel regno del non-detto, dell’intuito, delle trasformazioni interiori. A Samhain, Ecate veglia sul viaggio dell’anima.
Il valore del ritiro
Samhain ci invita a fermarci. A fare silenzio. A lasciare andare ciò che non serve più. È un tempo per la riflessione profonda, per il raccoglimento. Nell’epoca della velocità, ci ricorda l’importanza di abitare l’attesa, la pausa, l’ascolto. Il ritiro non è fuga, ma gesto rivoluzionario: è un atto d’amore verso sé stessi e verso il ciclo della vita.
Un’eredità da riscoprire
Nel nostro mondo iperconnesso, Samhain ci restituisce un linguaggio simbolico e spirituale dimenticato. Ci riporta al ritmo della natura, ci spinge a confrontarci con la morte — non come fine, ma come passaggio, trasformazione, soglia.
Nel buio della notte tra ottobre e novembre, possiamo scegliere di accendere un fuoco interiore. Non per illuminare tutto, ma per vedere meglio dentro.







