“A Catania potrebbe fare bene questo spettacolo, sono abituati a dei testi più naturalisti e tradizionali, questo è un modo recitativo diverso, così come i contenuti, un nuovo apprroccio all’opera teatrale”.
Si racconta così il regista Armando Pugliese che ha portato in scena, per la prima volta in Italia, la commedia dell’assurdo dell’israeliano Hanoch Levin, “Funerale d’inverno”. Una produzione del Teatro della Città con protagonista Angelo Tosto, che dopo il debutto del 16 febbraio, sarà in scena al Teatro Brancati, giovedì 23 alle 21, venerdì 24 alle 17:30, sabato 25 alle 21 e infine domenica 26 alle 17:30.
“In verità l’avremmo dovuto portare in scena lo scorso anno, ma per motivi miei di salute, abbiamo dovuto rinviare a quest’anno. Si tratta di un testo scritto in modo accattivante e molto particolare. L’autore segue la strada tracciata da Jarry, Ionesco, Beckett, Pinter e si spinge anche più in là. E il linguaggio, funzionale a quel tipo di gioco teatrale, anche qui è fatto di ripetizioni ossessive, di esplosioni verbali, si nutre di forme retoriche paradossali e si cimenta perfino in una iperbolica parodia del sillogismo”.
Un testo che può avere ottimi risultati. “Le nuove generazioni l’accoglieranno in maniera più viva, i più tradizionalisti avranno qualcosa da dire”.
Lei dice che tutti gli attori della compagnia catanese possiedono lo spirito giusto per rendere al meglio questa commedia. “Una compagnia eccezionale, al di là del fatto che sono amici miei da anni, poi ci siamo intesi subito su una strada difficile e allettante per tutti. Tutte le prove sono state belle e gradevoli, molti di loro avevano lavorato con me anche al di là di Catania, a Roma e altrove e gli altri attori li ho trovati disponibili ad affrontare qualcosa di diverso”.
Cosa si aspetta dal pubblico catanese? “È vero che il regista è il primo pubblico, uno si soddisfa di quello che fa o almeno di buona parte, il pubblico è un punto interrogativo, oramai sono vecchierello, mi va bene anche un totale azzeramento”.
Uno spettacolo che può definirsi attuale ancora oggi? “È tutta una provocazione rispetto a cliché della vita. Sono provocazioni voluta dall’autore, validi tutt’ora. Ma nella satira feroce che Levin applica alle liturgie della famiglia tradizionale, ebraica ma non solo – come il rito stereotipato del matrimonio, come il rito stereotipato del funerale, il rito del mangiare, il rito della salute – si possono leggere in controluce anche altri significati, frutto di una visione nichilista del percorso umano. Bisogna vedere lo spettacolo”.
Una produzione inedita del Teatro della Città di un testo mai proposto prima in Italia e che vede in scena Angelo Tosto, Elisabetta Alma, Cosimo Coltraro, Margherita Mignemi, Emanuele Puglia, Giovanni Rizzuti, Olivia Spigarelli, Vincenzo Volo, Agostino Zumbo, Aurora Cimino, Dario Magnano San Lio, Claudio Zappalà. Le scene sono di Andrea Taddei, i costumi di Dora Argento, le luci di Gaetano La Mela e l’aiuto regia di Norma Martelli.
Foto Davide Sgroi