Un arsenale, sostanze stupefacenti e denaro in contanti. È quanto rinvenuto a seguito delle perquisizioni eseguite nella cornice di un’operazione antimafia condotta dalla Dda di Catania.
Agenti della squadra mobile, del Servizio centrale operativo e reparti speciali della polizia, il 26 gennaio scorso -ma ufficializzato soltanto oggi dalla Questura- sono stati impegnati in un blitz nei nei confronti del clan mafioso “Cappello-Bonaccorsi», decapitandone i nuovi assetti.
Nello specifico, nel corso di uno perquisizione nell’ambito dell’operazione Minecraft, gli agenti hanno rinvenuto e sequestrato delle armi da guerra nel quartiere Monte Po, storicamente controllato dal clan dei “Cappello”.
In uno scantinato comune -locale protetto da una porta in ferro- di un condominio di via Salvatore Salomone Marino, i militari hanno trovato un borsone nero abilmente occultato le seguenti armi e munizioni:
- un Fucile d’Assalto AK 47 Kalashnikov cal.7,62, completo di serbatoio;
- una bomba a mano da guerra M-75, fabbricata nella ex Jugoslavia e utilizzata nella guerra dei
Balcani; - 34 cartucce per fucile cal. 12;
- 6 cartucce cal. 7,65 per pistola semi automatica;
- 46 cartucce cal. 9×21 per pistola semi automatica;
Sul posto, inoltre, sono intervenuti gli Artificieri Antisabotaggio del Comando Provinciale per porre in sicurezza e repertare l’ordigno bellico. Quest’ultimo, in grado, qualora incautamente maneggiato, di provocare gravissimi danni a persone e cose.
“I gatti cominciano a cascare”
Altri dettagli inquietanti emergono dall’inchiesta Minecraf della Dda di Catania: un video, posti agli atti, in cui si vede un uomo impugnare un fucile con binocolo. Nel filmato dopo aver raccontato in dialetto di “essersi svegliato con la mala” fa vedere un gatto morto in strada, evidentemente ucciso da lui a causa dei miagolii che lo disturbavano.
«Quando di giorno ti svegli con la ‘mala’ (di cattivo umore, ndr) i gatti cominciano a cascare: questo è un segno, davanti la mia porta ‘bordello’ non ne voglio», dice l’uomo per sottolineare la capacità di armi della cosca.
La riorganizzazione del clan Cappello-Carateddi
Colpito dai numerosi provvedimenti giudiziari, il clan Cappello-Carateddi necessitava di una sbrigativa riorganizzazione. Proprio su questa baste sono scattate le complesse indagini della Dda a seguito della scarcerazione di Massimiliano Cappello, fratello dello storico capomafia Turi Cappello. Durante l’assenza di Cappello, l’organizzazione mafiosa si trovava sotto il controllo di uno dei fedelissimi, ossia Emilio Gangemi.
Una volta “libero”, Cappello doveva riprendere le redini nel clan tanto da organizzare presso la sua abitazione, che era stata messa sotto videosorveglianza, incontri con esponenti storici dell’organizzazione, talora fissati presso abitazioni di terzi soggetti estranei al clan ma a disposizione degli indagati, al fine di scongiurare eventuali controlli da parte delle forze dell’ordine.
Cappello, insieme a Gangemi, gestiva inoltre anche una piazza di spaccio nel quartiere di San Giovanni Galermo con la collaborazione di Giuseppe Paolo Rapisarda, detto “Paolo cupittiuni”, che supervisionava le attività di smercio di droga.
La fortezza con vista mare
Una ramificazione del clan era riconducibile a Salvuccio Jr Lombardo, figlio di Salvatore Lombardo, inteso “u ciuraru”, cugino di Turi Cappello.
Nonostante la giovane età, Salvuccio Jr Lombardo era a capo della squadra più pericolosa dell’organizzazione mafiosa poiché dotata di una notevole disponibilità di armi. La “sede” del clan si trovava nei villaggi balneari di Campo di Mare e Ippocampo di Mare, nel parco dell’Oasi del Simeto.
I due villaggi costruiti a ridosso del mare erano stati trasformati in fortezze con tanto di impianti di videosorveglianza e vedette in modo tale da prevenire ogni possibile controllo da parte delle Forze dell’Ordine.
Solitamente, nel corso delle investigazioni è la polizia che installa telecamere nei pressi dei punti di interesse dell’operazione: il clan, temendo di finire in manette, invece, ha usato l’escamotage della polizia impiantando un sistema di sorveglianza vicino la sede della Squadra Mobile di Catania.
Gli arrestati
In manette sono finiti:
Massimiliano Cappello, cl 1967;
Salvuccio Junior Lombardo, inteso “Salvucciu u ciuraru”, cl 1994;
Sebastiano Cavallaro, inteso “Seby” o “baffo”, cl 1992;
Renzo Cristaudo, cl 1993;
Alessio Finocchiaro, cl 1994;
Emilio Gamgemi, cl 1975;
Giuseppe Spartano, inteso “u Cussotu “, cl 1989;
CosteI Suru, alias “Mariu u rumenu”, cl.1984,
Giuseppe Distefano, inteso “Pumpa”, cl 1977;
Giuseppe Francesco La Rocca, alias “Colombrino cl.1995;
Francesco Cavallaro, cl.1985;
Domenico Alessandro Messina, cl. 1993, già sottoposto per altra causa agli arresti domiciliari;
Giusi Messina, cl. 1975;
Giovanni Santoro, inteso “Giuvanni sett’anni” , cl. 1983;
Il provvedimento del G.I.P. è stato altresì notificato in carcere a:
Giuseppe Paolo Rapisarda, inteso “Paolo cupittuni”, cl. 1982, già detenuto per altra causa.
E.G.