Sono tanti i pregi del nuovo romanza giallo di Giampiero Bernardini, “L’ultimo defilé”, ambientato alla fine degli anni cinquanta, in piena industrializzazione del territorio del siracusano.
È conciso – 129 pagine – all’incirca nella media dei romanzi di Simenon incentrati sul personaggio di Maigret.
Il libro scrorre con piacevolezza contenuti, coerenza della trama e scorrevolezza, che costringe il lettore a non staccarsi dalla paginadall’inizio alla fine.
E’ ambientato in una Sicilia orientale che, a poco più di un decennio dalla fine del secondo conflitto mondiale, assisteva a una trasformazione della sua economia da agricola a industriale, con un’inevitabile metamorfosi del suo paesaggio.
Qui si inserisce la vicenda dell’industriale del nord di orgini siciliano, della sua sposa giovanissima promessa del settore della moda, modella e indossatrice di belle speranze, e dell’ispettore del Commissariato di Ortigia a Siracusa, Sasà Agiato.
Dopo un matrimonio d’alto livello che suscita l’ammirazione, le chiacchiere e l’invidia dell’intera provincia di Siracusa, la coppia di sposi parte per la luna di miele.
In città e nei dintorni si discute della bellezza della sposa, gloria locale, e della ricchezza da parvenu dello stagionato marito industriale.
Tutta una folla di umanità locale, clienti del negozio di Agiato, avventori di bar e locali, massaie e ortolane del mercato rionale, agenti di polizia sottoposti all’ispettore, discutono del matrimonio dell’anno e della piega tragica che, da un certo punto, assume la vicenda.
L’ispettore, chiamato a vederci chiaro, terrà in conto di tutto questo per risolvere il caso.
L’ultimo defilé richiama alla memoria un po’ Montalbano e un po’ Maigret, soprattutto quest’ultimo per le sue frequentazioni di bar ed enoteche, e per le sue abitudini sentimentali.