Sabato 25 e domenica 26 marzo, al Piccolo Teatro della Città di Catania, da sempre luogo di nicchia, è
andata in scena, in prima assoluta, la pièce teatrale: “La Scattiata” di Silvana Grasso, per la regia di Salvo Piro, interpretata da Manuela Ventura e Franco Mirabella.
Precedentemente, mercoledì 22 marzo alle 11, al CUT – Centro Universitario Teatrale dell’Università di Catania, all’interno di RetroScena, ciclo di approfondimenti e incontri sugli spettacoli in cartellone al Teatro Brancati e al Piccolo Teatro della Città, e avvenuto un appuntamento, con la compagnia.
Il confronto tra Silvana Grasso, Salvo Piro, Manuela Ventura e Franco Mirabella è stato condotto da
Fernando Gioviale (già docente dell’Università di Catania).
«Una stesura lunga e faticosa – conferma la Grasso – cominciata quindici anni fa e riscritta quattro volte,
un testo non facile, “inturciniàtu come io lo sono, come la vita è».
Con questo ultimo lavoro – ma in realtà lungamente elaborato nel tempo- la pluripremiata autrice (troppo
nota, anche a livello internazionale, per aggiungere altro!) ha dato prova, ancora una volta, delle sue
poliedriche capacità. Forte del suo background culturale, della formazione classica che le consente di scavare a fondo nelle intime ed eterne radici dell’umanità, rossa come l’ardente passione che infuoca i suoi scritti, ribelle e sincera nella vita, nella politica e nell’arte, questa volta Silvana Grasso affonda la lama nelle vicende del Sessantotto e del suo retaggio, a quarant’anni di distanza.
Icona del secolo scorso, fondante cesura culturale, ‘contrastato’ ideale della mia generazione che
inesorabilmente si avvia al declino, è estremamente significativo, in questo momento storico, che quella
‘rivoluzione’sia tratta dall’oblio ‘qualunquista’ e restituita alla memoria specie di quanti non la vissero né
conobbero, e forse non compresero.
«La Scattiàta, Rosita Romeo, e il presidente di Corte d’Appello, Nannino Vannantò – spiega l’autrice – sono due facce dello stesso fallimento. Il Sessantotto, la certezza di ripiantare il mondo, di spezzare il giogo dell’asservimento, della palude sociale…Lei bellissima laureanda in filosofia, affascinante, sulle barricate …Lui timido…laureando in legge con il viso sfigurato da uno spaventoso angioma. Il caso vuole che si incontrino, quarant’anni dopo, davanti alla tomba (senza data di morte) proprio di Rosita Romeo; una tomba che forse, emblematicamente, commemora non la sua morte ma quella degli ideali in cui credette…e ai quali continua a sacrificare la vita. Fingono di non conoscersi Vannantò, divenuto presidente di corte d’appello, da sempre innamorato di quella Rosita che ha sposato ‘francescanamente’ i suoi ideali cadendo in profonda miseria.
Di questa Rosita (?), immagine evanescente tra reale e immaginario, tra presente e passato, tra follia e
verità, tra Marx, Freud e Pirandello».
«I due si rincontrano – spiega il regista nelle sue note – e si avventurano in un confronto dialettico sulla Vita e sulla Morte, sulla Poesia, la Fantasia, l’Amore. Ma questa è solo la superficie, la maschera. Tutto si aggroviglia, si ammatassa direi, attorno al tema della Verità, di cosa è vero e cosa no, gli ideali, i luoghi comuni, la corruzione, i successi e i fallimenti di chi ha vinto e di chi continua sempre e solo a perdere ma senza saperlo…Ecco, La Scattiàta è un giardino di specchi...e se vai in cerca della verità puoi restarne stordito, perché la Verità non è osservabile, non può essere detta, può essere forse colta nel silenzio».
Straordinaria l’interpretazione di Manuela Ventura, la ‘nostra’ attrice catanese di cui abbiamo seguito l’evoluzione da crisalide a splendida farfalla fin dall’inizio, dal diploma all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica alle più recenti prove teatrali televisive e cinematografiche. Manuela sembra avere il DNA giusto (padre neurochirurgo e madre psicologa) per questa coinvolgente interpretazione di una ‘scattiata’ indimenticabile.
Altrettanto bravo il coprotagonista, Franco Mirabella, che ha studiato recitazione presso la Scuola di Arte
Drammatica “Umberto Spadaro” del Teatro Stabile di Catania, dizione con Fioretta Mari, mimo con
Guido Guidi e Marise Flash. Ha lavorato per il cinema e la TV impegnandosi anche in numerose produzioni teatrali.
Il tutto è stato magistralmente condotto dal regista Salvo Piro, diplomato alla Scuola d’Arte Drammatica
“Umberto Spadaro” del Teatro Stabile di Catania e all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio
D’Amico” di Roma. Attore, regista, formatore, Piro è assistente alla regia del M° Lamberto Puggelli, ideatore di
‘Logomimesi’, ed è uno dei fondatori di ‘Ingresso Libero’, per la riscoperta e la tutela del Teatro d’Arte.
Il complesso e ‘intrecciato’ dialogo dei due protagonisti, che dà corpo al lavoro, mette in luce il dramma
del tempo che passa, la metafora dell’essere uomini: “La vita adulta, la mancanza di coraggio, l’opportunismo travolgono tutti senza esclusione… tranne la Scattiàta…
«Tutti la considerano ‘scattiàta’, fuori di testa –conclude la Grasso- così assolvendo carriere fondate su reati
e misfatti d’ogni tipo… non c’è traccia di niente, perché scattìa in silenzio, il cervello, scattìa senza testimoni e si può solo fare diagnosi, né cura né prevenzione, solo diagnosi».