Il problema relativo all’inquinamento ambientale è sempre di stretta attualità in Sicilia, in quanto nella nostra Isola abbiamo tre aree industriali nelle quali vengono emesse diverse sostanze dannose per chi le respira, in primis gli operai che lavorano negli stabilimenti: Milazzo, Gela e la provincia di Siracusa.
Gli ammalati di tumore e i bambini malformati
Il Polo Petrolchimico del Siracusano infatti si estende per un’area che comprende Augusta, Priolo Gargallo, Melilli e la zona nord di Siracusa. Ma la zona, che soprattutto negli anni del boom economico ha avuto diverse ricadute sotto l’aspetto occupazionale, soffre problemi derivanti dall’emissione di sostanze inquinanti nel sottosuolo, nell’atmosfera e nel mare.
A causa di ciò e degli incendi o esplosioni negli anni passati diverse persone sono morte e intorno al 1980 la percentuale di persone affette da tumore polmonare si è attestata al 29,9 %. Inoltre sempre a partire da quell’anno si ebbero le prime segnalazioni relative a bambini nati con malformazioni congenite.
L’impegno di Don Palmiro Prisutto
L’inquinamento della zona in cui ricadono le raffinerie e gli stabilimenti continua a essere attuale e a occuparsene in prima persona è Don Palmiro Prisutto, sacerdote impegnato da tantissimi anni nella tutela della salute ambientale nella zona ricadente nel Polo Petrolchimico. La sua battaglia ha avuto come punto principale quella che è la correlazione tra le patologie ambientali e tutta l’area industriale. Nell’ambito di questo suo attivismo celebra mensilmente delle messe in cui menziona le persone che sono decedute per via dell’inquinamento della zona.
La sua attività parte dalla fine degli anni ’70, ma ebbe il suo vero inizio in coincidenza con il disastro avvenuto all’interno dell’impianto Icam a Priolo Gargallo nel 1985, a seguito del quale ebbe luogo un vasto incendio che provocò la morte di una donna per infarto e di un operaio.
«Da allora sono sceso in campo in toto – ha detto Prisutto -. Ho seguito gli eventi dei bambini malformati e delle persone che morivano di cancro assieme al dottor Giacinto Franco, primario di pediatria dell’ospedale Muscatello di Augusta, e avevo due casi in famiglia. Nel corso degli anni c’è stato un allarme crescente e il professore Luigi Solarino dell’Università di Catania ci consentiva di tenere testa alle informazioni della stampa, che minimizzava quando accadeva qualcosa. Purtroppo non tutte le sostanze emesse dagli stabilimenti sono normate dalla legge e non sono controllabili. I numeri relativi alle morti sono abbastanza elevati e il registro dei tumori non è gestito bene data l’assenza di un’autorità che vigili in maniera sufficiente».
Inquinamento delle coscienze
La ricchezza che un tempo questi stabilimenti potevano portare da un punto di vista economico non c’è più. Nel frattempo arrivano messaggi pure dagli stessi dipendenti, che rendono un’idea dell’inquinamento presente.
«Noi facciamo informazione sui social, ma di italiana è rimasta soltanto l’Eni. L’inquinamento più subdolo è quello delle coscienze, che fa apparire il disastro ambientale come ineluttabile. Il prezzo non possiamo pagarlo solo noi e si aggiunge anche il problema del ricatto occupazionale. Il lavoro deve essere fatto in sicurezza e nelle manifestazioni gli operai del petrolchimico non scendono in piazza per paura che i datori li licenziano. Mancano le sanzioni contro chi inquina. Un mio ex studente mi ha raccontato che dove lavora lui c’è uno sversamento di idrocarburi che dura da due anni. Attendo la riunione del Comitato Stop Veleni per informarlo di questo messaggio che mi è arrivato».