Antonino Grippaldi, il volto pulito, finisce nell’occhio del ciclone
Un volto pulito, vicepresidente della prestigiosa Università Kore di Enna, presidente della cooperativa Valle Del Dittaino che da oltre 40 anni sforna pane siciliano e che vanta una brillante collaborazione con il colosso Galbani; Antonino Grippaldi si è scontrato anche con il sistema Montante.
Avvocato di un piccolo paesino nell’ennese, secondo gli inquirenti sarebbe stato allora un ottimo prestanome per Giovanni e Domenico Camastra e Antonio Casile nel ruolo di rappresentante legale della Italpetroli.
E dietro colui che aveva denunciato quella che doveva essere l’antimafia siciliana, invece, si sarebbe celato un accurato sistema fraudolento che passava tra Catanzaro, Vibo, Reggio Calabria, Crotone, Napoli, Salerno, Verona, Catania, Palermo, Messina, Ragusa, Siracusa, Caltanissetta.
I burattinai erano i clan più potenti della Camorra e della ‘Ndrangheta. Il mercato degli oli è oro per le gazze ladre e di queste 684 sono finite nella rete di una maxi operazione durata ben cinque anni.
Un sistema milionario
La Petrol Mafie Spa ha svelato un sistema di frode che si innescava attraverso le forniture (in regime di non imponibilità) effettuate dal deposito fiscale (nonché deposito IVA), consapevole e promotore del sistema fraudolento. Tolta l’Iva veniva effettuato l’acquisto da imprese cartiere. Quest’ultime, prive di ogni requisito richiesto per la qualifica di esportatore abituale, falsificavano le dichiarazioni finali da presentare. Tali operatori erano formalmente amministrati da prestanome nullatenenti ma, nel pratico, erano gestiti direttamente dall’organizzazione criminale.
Infine, le società “cartiere”, attraverso broker operanti sul territorio calabrese, campano e siciliano, vendevano ai clienti finali a prezzi al di sotto del valore di mercato. Sfruttato indebitamente il vantaggio economico dell’Iva non versata si metteva in moto una macchina di fatture false dal valore di 600 milioni di euro.
Un sistema che era stato frenato soltanto da un controllo fiscale improvviso all’Italpetroli. Il timore dell’esser scoperti aveva portato gli imprenditori ad optare per la drastica soluzione di omettere il versamento dell’imposta sul valore aggiunto e sulle accise.
Il risultato finale? Il deposito totalmente in default.
Superfluo enumerare la cifra finale del provvedimento di sequestro che ha portato ad un numero altrettanto grande di arresti. E in questo elenco di imprenditori, boss e cittadini anonimi, spicca Antonino Grippaldi attualmente detenuto agli arresti domiciliari.
Grippaldi è un pilastro della comunità ennese, simbolo di quella giustizia riconquistata. Agli onori della cronaca non passa inosservato come cada nei confronti dei suoi clienti ogni accusa. Passiamo dall’operazione “Anno del Drago” sul giro di spaccio tra Leonforte, Nissoria ed Agira fino alla difesa di Salvatore Debole, coinvolto nell’inchiesta “Fake Credits” dove da carnefice, diventa subito vittima di un sistema di truffe fiscali. Senza dimenticare l’operazione Bufala dove l’accusa finale è di aver perpetrato truffe al fine di ottenere indebitamente contributi pubblici. Tra la difesa spunta ancora una volta Grippaldi.
Un appunto sull’agenda del boss
Il suo nome, come presidente di Confindustria Enna, vice presidente dell’Università Kore di Enna e membro del cda dell’Ente Autodromo Pergusa (da cui ha rassegnato le dimissioni) però risente di un eco lontano.
L’inchiesta Pietradorata vide il coinvolgimento dei clan mafiosi dell’Isola nello sfruttamento della cava di Mistretta, da cui si ricava la quarzite. Un affare ricchissimo che aveva attratto, in particolare, la famiglia Santapaola di Catania, Cosa Nostra ennese e il clan Rampulla di Mistretta.
“Tel. avv. Grippaldi per Bernanasca”: l’appunto è presente nell’agenda dell’avvocato Raffaele Bevilacqua, il nuovo capo di Cosa Nostra designato da Bernardo Provenzano. La telefonata tra i due avvocati avrebbe avuto oggetto l’edificazione del complesso universitario di Enna. E Grippaldi ne è stato vicepresidente fino a qualche giorno fa. La comunicazione rientra tre le intercettazioni presenti nel fascicolo dell’inchiesta.
La madre di Antonino Grippaldi è intestataria di alcune quote di una delle società che gestisce la cava fornitrice, guarda caso, dei materiali utili per la costruzione del polo universitario.
Grippaldi ne esce pulito: l’unica sua responsabilità sarebbe aver introdotto l’appoggio dell’imprenditore Michele Berna Nasca, personaggio essenziale nella scacchiera di Cosa Nostra messinese. Con lui, successivamente fonda la “Pietra Dorata Srl”. Società che ha vinto appunto la fornitura dell’appalto del Consorzio Universitario ennese di cui Grippaldi è stato vicepresidente fino alle dimissioni “affrettate” dei giorni scorsi.