“Ce n’è anche per i Beati Paoli” o “pari nu Biatu Paulu”.
Chi erano i Beati Paoli? Soggetto di alcuni modi di dire dialettali, la loro figura racchiude due contrasti: una setta religiosa ed un’associazione criminale.
Questo mito va avanti da cinque secoli, ma non si hanno notizie certe su chi fossero davvero poichè molto spesso il confine tra storia e leggenda è così sottile che si mescolano tra loro. La storia dona alla leggenda, quella istituzionalità che quest’ultima non detiene, ricambiando con un pizzico di mistero che permette alla storia di mantenersi viva nei secoli. Questo è avvenuto con i Beati Paoli.
“I vendicosi”
Il primo a scriverne fu Francesco Maria Emanuele Gaetani, il Marchese di Villabianca, nei suoi “Diari”. Raccontava dei “Vendicosi”, una setta fondata nel 1185 con l’obiettivo di giustiziare coloro i quali abusassero del proprio potere. Preziosa, successivamente, la ricostruzione a cura di Francesco Paolo Castiglione in “Indagine sui Beati Paoli”.
I “Vendicosi” si riunivano nelle cripte sotterranee del Capo, presso il rione degli Orfani a Palermo, al fine di pianificare i propri criminali intenti. Si perchè anche qui la leggenda si diluisce in un’altra versione: i Beati Paoli erano sicari assoldati da “persone mezzane” ossia borghesi che a differenza dei nobili non disponeva di un corpo di bravi per risolvere “questioni private”. Così pagavano i “Vendicosi” approfittando dell’alone di mistero che accerchiava la setta e del consenso popolare del quale questi godevano.
Tale ricostruzione appare la più verosimile, malgrado siano del tutto sconosciute le fonti a cui attinse il Marchese di Villabianca. Prima di lui, furono due cronisti medievali a parlarne: Anonimo di Montecassino e Anonimo della Cronaca di Fossa Nova. I due nei loro scritti citano date diverse per la fondazione dei Beati Paoli. Uno il 1185, l’altro il 1886, ma non chiariscono del tutto il ruolo dei Vendicosi malgrado costituiscano la testimonianza più importante: la setta non è frutto della fantasia di un marchese.
Davvero i Beati Paoli rappresentano “l’antica mafia?”
Si ipotizza che il nome della setta provenga da una congrega religiosa (qui l’aggettino “Beati”) devota a San Francesco di Paola (“Paoli”), patrono del regno di Napoli e Sicilia. Questi giravano incappucciati, frequentavano le chiese e si aggiravano nei sotterranei. Pare, inoltre, che usassero come emblema una croce sovrastata da due spade incrociate.
Erano proprio i cunicoli che si estendono dalla chiesa di Santa Maria di Gesù a fare da sfondo alla setta che si rifugiava nella cripta dopo la mezzanotte. Qui il loro rifugio, qui il loro tribunale.
Ciò che ci rimane della setta si perde nella fantasia. Che i Beati Paoli avessero “anticipato” il fenomeno mafioso, è una teoria più volte rigettata. La mafia ha un’origine agraria legata al frantumarsi della struttura feudale della Sicilia, successiva all’azione dei Beati Paoli. Il loro operato era supportato dalle masse che si sentivano sole, abbandonate da uno Stato assente che non colmava la loro sete di giustizia.
La leggenda si tiene stretto il suo lato misterioso; d’altra parte come racconta l’antropologo Giuseppe Pitrè chi nasceva nella notte di San Paolo godeva di poteri soprannaturali. Forse come i Beati Paoli la cui riservatezza non ha fatto altro che alimentare un mito.