Ci apprestiamo a vivere la Santa Pasqua e lo facciamo con uno spirito di pace e di fratellanza, specie in un momento difficile come quello che stiamo vivendo.
Nel festeggiare questi giorni di unione e amore familiare, mons. Luigi Renna, arcivescovo di Catania, porge i suoi auguri a tutta la città di Catania.
“Vi auguro che vi raggiunga in ogni situazione nella quale vi trovate, – commenta mons. Renna – il primo saluto che il Signore Risorto diede ai suoi apostoli la sera di Pasqua: “Pace a voi!”(Gv 20, 19). Le parole di Cristo raggiunsero quegli Undici uomini delusi e impauriti chiusi come in un bunker, desiderosi di rivedere il loro Maestro barbaramente ucciso, ma incapaci di andare a cercarlo. Gesù entrò mentre quelle porte erano chiuse e li salutò in modo tale da rappacificarli con Lui, con la storia e l’umanità”.
“Per questo il saluto del Risorto ci è necessario, perché ciò di cui abbiamo più bisogno è questa pace che viene da Dio: è la shalom, la completezza dei beni che l’umanità può desiderare e che oggi irrompe dalle nostre chiese al termine delle liturgie pasquali. “Pace a voi!” Solo il Cristo riesce a portare la pace dove le porte sono chiuse
e a donarla in maniera diversa da come la dona il mondo, che si aspetta che avversari e nemici dichiarino la resa e pretende anzi un tappeto rosso per offrire riconciliazione e perdono. Cristo ha già “forzato” le porte della morte e quelle della cattiveria di chi lo ha arrestato, della viltà di chi lo ha condannato, della violenza di chi lo ha crocifisso, della pochezza di chi lo ha abbandonato”, continua.
“E allora l’augurio che vogliamo farci in quest’anno è che ciascuno possa accogliere il saluto di pace di Cristo – conclude l’arcivescovo – e lasciarsi disarmare da questo annuncio. Giunga nelle aule dei nostri Consigli comunali, dove si organizza con fatica il bene comune, e si senta che la naturale conseguenza per aver sostenuto tante manifestazioni di pace, impegna a preservare le comunità da ogni conflitto, sconfiggendo le povertà che la attanagliano. Giunga la pace nei quartieri dove non risuonano voci di festa tra le strade, ma si muovono sinistri venditori di morte, che forse spareranno fuochi d’artificio perché un altro carico di droga è arrivato, ignorando che stanno festeggiando la loro sconfitta di fronte alla vita. Risuoni dove i nostri ragazzi che hanno abbandonato la scuola si educano per strade che non possono insegnare loro niente e attendono che noi ci prendiamo maggiormente cura di loro”.