Fiera della Bellezza o Carneval?!

di Simone Famà

Dicembre. Fuori fa freddo, dentro ai saloni c’è odore di tinture e panettoni.

È quel mese in cui comincio a guardare il calendario del nuovo anno e mi dico: «Eccoci di nuovo: un altro giro di giostra nelle fiere beauty» Giostra è la parola giusta. Perché ogni volta penso che potrei farne a meno, che tanto so già cosa troverò. E invece no: ci ricado. Per lavoro, per capire come si muove il mercato, per vedere se là fuori c’è ancora qualcuno che parla la mia lingua: quella dei capelli veri, non dei rendering in 3D.

Cosmoprof Bologna 2026 – marzo – la madre di tutte le tempeste

Ogni anno ci ricasco. Prendo il treno per Bologna con la stessa sensazione di quando sai benissimo che ti stai mettendo nei guai, ma lo fai lo stesso. Cosmoprof è così: un enorme parco divertimenti della bellezza dove tutto luccica, tutto promette, tutto seduce eppure io continuo a camminarci dentro come un alieno che ha deciso di osservare gli umani da vicino. Non fraintendermi: è affascinante. Ma è un fascino che non ti abbraccia, ti inghiotte.

Eppure c’è un lato che amo: l’umanità nascosta. Piccoli brand che fanno il possibile per sopravvivere. Parrucchieri come me che non hanno la voce grossa. Artigiani veri, quelli che quando ti parlano dei loro prodotti gli brillano gli occhi, non il marketing.

Poi arriva Dubai – Beautyworld Middle East – ottobre 2026

Dubai è un altro pianeta. Ci vado sempre con la sensazione di entrare in un film di fantascienza in cui tutti sono super lucidi, super perfetti, super sicuri di sé. Io, invece, arrivo con gli stivali consumati, la giacca che sa di salone e la solita idea: «Vediamo se trovo almeno un po’ di verità anche qui»

La fiera è enorme, scenografica, futuristica. Il bello è che Dubai non finge: è davvero l’ombelico del commercio globale, e lo dichiara con orgoglio. Il brutto è che rischi di pensare che il futuro sia tutto display e tecnologia, e tu sei lì che vuoi parlare, oltre che di bellezza, di tagli, di teste vere, di persone che entrano in salone con una storia e non con un QR code. Ma ci sono anche momenti belli: incontri qualcuno che capisce da dove vieni, che ascolta, che ti racconta come si lavora dall’altra parte del mondo. E allora capisci che le fiere, se non ti fai risucchiare, sanno ancora emozionare.

E poi ci sono le altre: le fiere “satellite” del 2026

Quelle che non fanno rumore ma che, secondo me, meritano più delle sorelle maggiori:

  • Cosmoprof Asia (Hong Kong) – dove vedi idee che in Europa arriveranno tra due anni.
  • Beauty Düsseldorf – più piccola ma più tecnica, lì senti parlare di mestiere vero.
  • MakeUp in Paris – dove i prodotti sembrano opere d’arte.
  • Intercharm Mosca e Seoul – mercati difficili, ma pieni di creatività vera.

In tutte trovo sempre la stessa cosa: una lotta silenziosa tra chi vuole venderti il sogno e chi vuole condividere il mestiere. Io, inutile dirlo, mi schiero sempre con i secondi.

Dicembre finisce così: con la consapevolezza che tornerò

Che nel 2026 farò lo stesso giro — forse più selettivo, forse più cinico, forse più libero. Che prenderò appunti non solo sui prodotti, ma sulle persone. Che nelle fiere cercherò l’unica cosa che per me conta davvero: l’anima dietro i capelli. Per tornare in salone con la voglia di fare l’esatto contrario di ciò che ho visto. E per pensare che, forse, è proprio questo il bello: essere un parrucchiere che sa guardare la fiera della bellezza più grande del mondo e dire: «Ok, ma io preferisco la verità che succede fuori»