Collegi uninominali: considerevole per il centro-destra al Nord e al Centro, più risicato per tutti i competitori al Sud e nella zona rossa.
È questa l’analisi tracciata dall’Istituto Cattaneo “mettendo a confronto la forza elettorale (complessiva) dei partiti di maggioranza con quella (complessiva) delle forze politiche di opposizione riemergono alcuni tratti della geografia elettorale italiana ed una ripartizione del paese in zone che hanno confini simili a quelle identificate negli studi dell’Istituto Cattaneo già negli anni Sessanta”.
Ma entriamo nel dettaglio.
Contendibilità maggiore nel Sud e nelle Isole
«La contendibilità nel 2022 è stata maggiore nei collegi delle ex Zone rosse, nel Sud e nelle Isole, con 10–12 punti percentuali di differenza tra il primo e il secondo arrivato, e decisamente minore nel Nord e nel Centro Italia, con 20–26 punti di differenza. Abbiamo considerato inoltre lo scarto di voti ottenuti tra il primo e il terzo arrivato. In questo caso uno scarto più basso indica che il terzo arrivato avrebbe avuto in termini relativi maggiori possibilità di scalzare il primo, indicando che la competizione in tali collegi si è giocata tra tre poli», si legge nel report dell’Istituto Cattaneo
«Questo è quello che osserviamo nel Sud e nelle Isole: la differenza tra il primo e il terzo arrivato in queste aree è sempre intorno ai 20–21 punti percentuali, ovvero tanto quanto la differenza tra il primo e il secondo arrivato nei collegi del Nord. Al contrario, la differenza tra primo e terzo arrivato nei collegi nelle zone Rosse è di quasi 40 punti, a fronte di una differenza di meno di 12 punti tra il primo e il secondo: questo dato indica che questi collegi sono stati molto contendibili, ma la competizione si è giocata prin-
cipalmente tra due attori principali, ovvero le coalizioni di centro–destra e centro–sinistra.
La medesima tabella mostra che il margine di vittoria del centro–destra all’interno dei collegi è stato nettamente superiore a quello del centro–sinistra e del Movimento 5 Stelle, soprattutto nei collegi del
Nord e del Centro. In generale, quindi, possiamo dire che il centro–destra, oltre ad aver vinto la gara uninominale nella maggioranza dei collegi, ha anche ottenuto un buon margine di vittoria nella maggior parte di questi».
E circa le alleanze…
«Sorge spontanea la domanda su come sarebbero andate le cose se la principale coalizione alternativa al centrodestra avesse incluso altre liste o partiti, proponendo candidati unici ai collegi uninominali – propone lo studio -. Ovviamente nessuno è in grado di prevedere come si sarebbero distribuiti i voti tra partiti, coalizioni e astensione, in questi diversi scenari. Per esempio, se il Movimento 5 Stelle si fosse alleato con il PD, molti suoi elettori avrebbero potuto astenersi. Allo stesso tempo, se la coalizione di centro–sinistra avesse incluso Azione e Italia Viva, l’alleanza Sinistra/Verdi avrebbe potuto perdere voti».
«Inoltre, una maggiore contendibilità tra centro–destra e centro–sinitra avrebbe potuto indurre al voto alcuni cittadini che hanno scelto di non votare per manifesta superiorità di una parte sull’altra. È
quindi impossibile determinare come sarebbero andate le cose».
Gli scenari proposti sono dunque quattro: un’alleanza allargata tra centro-sinistra, terzo polo e Movimento 5 Stelle e due alleanze tra centro-sinistra e M5s o tra centro-sinistra e terzo polo.
«Nel primo scenario alternativo – spiega l’Istituto Cattaneo – l’alleanza allargata avrebbe ottenuto quasi il doppio dei seggi uninominali rispetto al centro–destra, uno scenario che quasi (ma non completamente) ribalta i rapporti di forza effettivamente registrati alle elezioni. Una alleanza tra CS e M5S, sotto l’ipotesi di cui si è detto,avrebbe ottenuto la metà dei seggi uninominali alla Camera e la maggioranza dei seggi al Senato, togliendo quasi 80 seggi al CD. Ovviamente, ripetiamo, non è realistico pensare che i voti ottenuti dalle coalizioni nei diversi scenari sarebbero stati come quelli osservati in realtà. Tuttavia, questo esercizio documenta come l’effetto maggioritario possa influenzare la composizione del Parlamento, e come questo possa essere sfruttato a proprio favore con più opportune alleanze».
Per Fdi più consensi al Nord che al Sud
«Se analizziamo gli equilibri interni al centro–destra – sottolinea ancora lo studio – appare chiaro che Fratelli d’Italia risulta predominante sugli alleati quasi ovunque. In termini di percentuali di voto, il partito di Giorgia Meloni ottiene ben più di quanto ottengano tutti i suoi alleati messi assieme (Lega, Forza Italia, Noi moderati), qualunque sia l’ampiezza del comune di riferimento».
«Operando un confronto per zone geopolitiche, notiamo che Fratelli d’Italia supera di gran lunga i suoi alleati in tutta l’Italia centro–settentrionale. Il divario tra le percentuali di voto di FdI e quelle della somma degli alleati di centro–destra è particolarmente elevato nella Zona rossa. Le regioni del Sud
e delle Isole sono invece le uniche in cui Fratelli d’Italia non è predominante sugli alleati».
«Osserviamo una limitata attrattiva del partito di Giorgia Meloni al sud, dove probabilmente sconta la concorrenza del Movimento 5 stelle, la quale distribuzione dei consensi indica un radicamento sempre più forte del partito nel Sud del paese», conclude
E.G.