Negli ultimi decenni i manga non sono più un fenomeno di nicchia, ma una presenza consolidata e sempre più influente nella cultura pop italiana. Se oggi è normale trovare interi scaffali dedicati a Dragon Ball, One Piece o My Hero Academia nelle librerie, non è stato sempre così: ci fu infatti un tempo in cui il fumetto giapponese era visto con curiosità — forse con diffidenza — e relegato ai margini del mercato editoriale.
La prima apparizione di manga in Italia
La primissima apparizione di manga in Italia risale al 1962, all’interno di un libro pubblicato da Garzanti dal titolo “I Primi Eroi”, un volume antologico che includeva anche fumetti giapponesi. Successivamente i manga ricomparvero negli anni ’70-’80, attraverso alcune riviste specializzate. Inoltre gli anime trasmessi in televisione ci permisero di conoscere molti nuovi personaggi di matrice giapponese (come i noti robot di Go Nagai – Mazinga, Goldrake, Gig) e tutto questo pose le basi per una diffusione progressiva. Ma da lì in poi il cammino è stato in salita, fatto di traduzioni, adattamenti, cambi di formato, censure, scelte editoriali spesso controcorrente. E invece è proprio grazie a questi passaggi che oggi i manga occupano uno spazio centrale non solo nei negozi di fumetti, ma anche nella narrativa, nell’industria dell’intrattenimento, e persino nel dibattito culturale.
La vera svolta
Ma c’è da chiedersi, quando è avvenuta la vera e propria esplosione editoriale dei manga? Quando è iniziato il grande fenomeno sociale che conosciamo oggi? Cosa portò alla svolta che ha stravolto questo genere fumettistico, ovvero il passaggio da sporadiche apparizioni nelle edicole a una vera e propria rivoluzione mediatica?
Se proprio vogliamo ufficializzare un inizio possiamo collocarlo al dicembre del 1989. Da allora infatti venne distribuita per la prima volta la prima rivista manga d’Italia (e d’Europa) con il titolo Mangazine, edita dalla casa editrice Hobby Fumetto. La testata era molto semplice, interamente in bianco e nero, e conteneva alcuni articoli e news e qualche storia a fumetti. A curarla erano quattro giovanissimi ragazzi appassionati del settore manga e anime, che vollero avventurarsi in questo mondo allora pionieristico e provare a importare la cultura Jap/Pop in Italia. I loro nomi erano Barbara Rossi, Massimiliano De Giovanni, Andrea Baricordi e Andrea Pietroni, meglio noti come i Kappa Boys. La rivista era bimestrale e durò soltanto 5 numeri, ma fu il trampolino di lancio di un fenomeno che negli anni successivi ebbe una crescita incontrollata e inaspettata.
L’avventura di questi quattro ragazzi
I quattro ragazzi vennero notati dal compianto Luigi Bernardi, personaggio di spicco nel mondo del fumetto italiano (curatore della storica rivista Orient Express), che diede vita nel 1989 a una nuova casa editrice chiamata Granata Press. Quest’ultima fu la prima nel nostro paese ad avere una sezione interamente dedicata alla produzione giapponese (sia fumettistica, ma anche home video realizzando VHS), che affidò ai Kappa boys. Da lì partirono le due riviste ammiraglie Zero e Mangazine (nuova serie) e innumerevoli altre testate dedicate ai manga. Grazie a Luigi Bernardi, ai Kappa boys e a Granata Press, abbiamo potuto conoscere i più importanti fumetti giapponesi in Italia, come Ken Il Guerriero, Ranma 1/2, Capitan Harlock, Il , Mazinga Z, Devilman, Lady Oscar, I Cavalieri dello Zodiaco, Bastard! e tanti altri.
Le divergenze e il cambio editore
Ma a un certo punto avvenne qualcosa. Iniziarono a nascere delle divergenze tra l’editore e i Kappa. Non riuscendo a trovare dei validi compromessi per andare avanti e ristabilire l’armonia in redazione, il poker di ragazzi decise di interrompere la collaborazione. Tempestivamente vennero contattati dalla perugina Star Comics e senza indugio i quattro ripresero a lavorare nel loro settore per conto di questa nuova ditta.
Fu così che nel luglio 1992 le edicole italiane videro il primo numero di Kappa Magazine, ossia la rivista manga destinata a divenire la più importante e longeva del settore. Questa rivista fu l’innovazione che i tempi richiedevano, la rivista “definitiva” che gli otaku aspettavano, il prodotto giusto al momento giusto. Strutturata come contenitore di fumetti, all’interno si potevano trovare delle aggiornatissime rubriche su manga e anime. Essa partì come rivista ammiraglia della sezione manga Star Comics e da li a poco nacquero tante collane satellite che proponevano manga monografici (Starlight con Orange Road, Neverland con Video Girl Ai, Action con Le Bizzarre Avventure Di Jojo, e così via).
Le prime pagine a colori e la chiusura
Tra le tante novità con Kappa Magazine abbiamo potuto vedere per la prima volta delle pagine a colori in una rivista di fumetti giapponesi, un’operazione che venne immediatamente copiata dai concorrenti. Durante il corso degli anni subì diversi cambiamenti, ma sicuramente il più importante è stato la variazione di formato. Venne adottata infatti la formula Plus, con un aumento considerevole della foliazione. Kappa Magazine ebbe anche una longevità considerevole, con ben 173 numeri (più tre speciali), e grazie a questa rivista abbiamo potuto leggere manga di ottima qualità come Squadra Speciale Ghots (Ghost In The Shell), Oh Mia Dea, Compyler, Zeta, 3X3 Occhi (Trinetria) e tantissimi altri.
Purtroppo giunse alla sua naturale conclusione nel novembre del 2006, nel momento in cui i tempi cambiarono e prodotti come questo non erano più apprezzati dalle nuove generazioni di lettori. Ma Kappa Magazine rimarrà per sempre incisa nei cuori dei lettori di manga di prima generazione, testimonial di un periodo editoriale che non avrà mai uguali.