“Fatt’ a nomina e ‘o cucchiti” recita un detto siciliano. Dopo aver ottenuto una certa “fama” questa sarà dura a morire. E il catanese Niko Pandetta, prima neomelodico ed oggi trapper di successo, questo lo sa bene. Nipote del boss al 41 bis Turi Cappello, annovera nella sua fedina penale una condanna per spaccio risalente al 2017. Ma il rapporto del trapper con la giustizia, è ancora più complesso perchè continua malgrado ormai Pandetta affermi di essere completamente uscito dal giro.
Ostia, Don Cesareo, Policoro, San Giovanni Campano: quattro date del tour estivo cancellate all’improvviso. Pandetta, infatti, suggerisce che sia stata fatta pressione da parte delle autorità nei confronti degli organizzatori degli eventi, i quali si sono visti costretti ad annullare i concerti.
E il trapper ha sfogato tutta la propria amarezza sui social: « sono stufo di essere bloccato quando cerco solo di fare il mio lavoro che è quello di fare musica e far cantare e ballare i miei fan. Non me ne starò zitto, se lo Stato italiano non tutela me come professionista mi devo tutelare io nelle sedi opportune. Se lo Stato italiano invece decide di far buttare tempo e soldi ai miei fan allora intervengo io in prima persona».
Il nome di Niko Pandetta viene ancora oggi associato ai vecchi testi delle sue canzoni, in cui elogia lo zio Turi Cappello« Zio Turi io ti ringrazio ancora per tutto quello che fai per me, sei stato tu la scuola di vita che mi ha insegnato a vivere con onore, per colpa di questi pentiti sei chiuso là dentro al 41 bis», recita il brano “Dedicata a te”. Parole da cui le amministrazioni locali dichiarano pubblicamente di prendere le distanze, muovendosi con pugno deciso verso l’annullamento degli eventi che vedono Pandetta protagonista.
L’accusa è di istigare i giovani alla criminalità mentre Pandetta vorrebbe essere visto come il simbolo del riscatto sociale, l’esempio di come sia possibile allontanarsi dai brutti giri.
«Le istituzioni ancora una volta non mi permettono di esibirmi – scrive il cantante su Instagram – In Italia un uomo che sbaglia è condannato per tutta la vita, anche mettendoci cuore, anima, sangue e sudore. In Italia non si accetta che una persona può cambiare eppure ho dimostrato che da 5 anni a questa parte è la musica la mia vita».
«Non bastano i risultati ottenuti, non basta il primo posto in classifica, non bastano le centinaia di
migliaia di euro di tasse pagate. Sarò sempre visto come un criminale. Grazie Italia».
Il confine tra licenza artistica e valori è davvero così sottile?