Il barocco siciliano ha incontrato il barocco della moda nella mostra tributo One Night With Gianni dedicata a Gianni Versace, che ha portato abiti e accessori del compianto stilista calabrese al Palazzo Biscari di Catania dal 19 al 22 gennaio.
Non una semplice esposizione, ma una mostra evento che ha visto alternarsi, nella cornice di uno dei palazzi privati più belli del capoluogo etneo, dj set, proiezioni, sfilate e fashion talks.
L’estro, l’arte e il lavoro visionario e passionale di Versace è stato raccontato da testimoni d’eccezione, come Bruno Gianesi, che ha lavorato con lui per sedici anni in qualità di capo stilista e responsabile dei progetti teatrali e Franco Jacassi, collezionista di tessuti preziosi, bottoni e abiti vintage e proprietario della boutique Vintage Delirium di Milano, che a Versace forniva tessuti, libri e ispirazione.
È stata anche l’occasione per parlare di moda in generale, di creatività e della connessione tra arte e fashion design.
Gli abiti di Versace in oro e colori sgargianti, fatti di tessuti stampati, ricchi di maschere, personaggi e motivi tipici dell’arte barocca e greca, hanno dato ai visitatori un perfetto assaggio della gioia e della potenza creativa che lo stilista ha portato nella moda italiana degli anni ‘80 e ‘90 del secolo scorso e per cui non sarà mai dimenticato.
Nel suo stile si mescolavano arte del passato, cultura pop e una forte propensione alla rottura degli schemi che portava già al futuro.
Tutti elementi ben visibili negli abiti esposti, che hanno trovato la collocazione perfetta tra gli affreschi del salone centrale della dimora catanese.
“È una realtà iperdecorata con una grande stratificazione proprio come gli abiti di Versace”, spiega l’organizzatrice Sabina Albano, docente di Fashion design all’Accademia di Belle Arti di Catania e curatrice della Gianni Versace Private Collection di Antonio Caravano.
L’ispirazione e l’idea di portare l’evento One Night With Gianni a Catania, le è venuta proprio guardando il palazzo, mentre ospitava il Graduation show, la sfilata finale per il suo corso di Fashion design, lo scorso giugno.
“Ho voluto fare un tributo insieme a Gianni Versace, come in un sogno, alla città, alla Sicilia in riferimento al Barocco e soprattutto a questo luogo fantastico che è palazzo Biscari, con questo percorso quasi onirico che fa il visitatore in una notte immaginifica con Versace, guidato attraverso i vestiti in un viaggio sempre più profondo”, spiega la professoressa.
Un evento non usuale nella città dominata dal vulcano, che non è la Milano del Sud da ormai troppo tempo.
“Piuttosto che pensare di dover sempre emigrare anche dal punto di vista culturale e intellettuale mi piacerebbe portare, far scendere le persone qui”, aggiunge la curatrice della mostra.
Con il suo lavoro vuole anche dare l’occasione ai suoi studenti di poter rimettere in circolo tutto quello che hanno potuto incamerare ed apprendere e poterlo ridare alla propria terra, “non per chiudersi – specifica – ma per poter coltivare una sorta di specificità, che si sta molto perdendo, e dare così spazio al glocal: il locale deve diventare globale. Per questo ha fondato il magazine/fanzine Quaderni di moda, che tra un mese e mezzo uscirà con il prossimo numero interamente dedicato all’evento tributo a Versace”.
Durante i fashion talks, con l’esperto di vintage Jacassi e il fashion designer e pittore Gianesi, si è parlato del modo di lavorare dello stilista italiano, di com’è cambiato il sistema moda in questi anni, ma anche dei cambiamenti che hanno toccato mestieri e professionalità artigianali legati al mondo della creazione degli abiti.
“Nelle nostre città sono scomparse le mercerie, perché stanno scomparendo le sarte, così come è accaduto ai calzolai”, spiegano.
È stata l’occasione per ricordare, invece, che a Catania resiste ancora qualche bottega di bottoni e stoffe, anche se la famosa via Manzoni non ne è più ricca come lo era qualche anno fa.
“Un po’ la tendenza sta cambiando: nei luoghi che sono andati molto avanti tecnologicamente, c’è un ritorno molto prezioso dell’utilizzo dell’artigianalità e a Catania – dice la professoressa Albano – siamo ancora in tempo per accorgerci che espropriare i quartieri della loro cultura, rendendoli tutti uguali, con le catene di negozi o di ristoranti con cibo ispirato ai fast food, porta solo all’appiattimento”.
Mentre la città e i suoi abitanti avrebbero bisogno di stimoli nuovi, di coltivare bellezza, di ricordare quella che hanno la fortuna di avere sotto i loro occhi, anche grazie a eventi come questo, che ce li portino dentro.
“L’appiattimento è il nemico della cultura dell’arricchimento e della crescita emotiva – afferma Sabina Albano – Dobbiamo lavorare per non trovarci di fronte a degli obblighi, a delle non scelte. L’essere umano – aggiunge – è un individuo che per quanto mi riguarda dovrebbe continuare a crescere sempre e gli stimoli sono fondamentali, ma se c’è un appiattimento di stimolo esterno, diventeremo tutti uguali e quello a cui noi ci interessiamo, ovvero
l’arte, la creatività, l’uso artigianale e prezioso delle mani è l’esatto opposto”.
Bisogna guardarsi attorno, potersi ispirare al passato e all’arte, ma con uno sguardo al futuro, proprio come faceva Versace.
Da studente, per esempio, è normale e bello pensare di poter sperimentare, viaggiare, arricchirsi altrove, ma che questo sia un obbligo, dato dal fatto che si è destinati a non potersi esprimere artisticamente, come designer per esempio, nella propria città è già una prigione.
“La vera libertà è poter scegliere, l’obbligo è una non scelta – spiega la docente – Io vorrei che loro avessero, e noi tutti avessimo la possibilità di scegliere”.
E speriamo che questo momento di moda e arte a Catania non rimanga un evento isolato e che anche i catanesi possano avere la libertà di scegliere di andare o meno alle mostre e alle sfilate.
Agata Pasqualino