«Dottore, la prego, tenga lontano mio figlio da quel maledetto quartiere», le parole di un boss detenuto al 41bis.
Un boss detenuto al 41bis ha chiesto al giudice di pertinenza del caso di allontanare il proprio figlio dal quartiere in cui vive. Ciò durante un colloquio previsto dalla legge per l’allontanamento dal ragazzo dalla Sicilia per affidarlo a una comunità protetta fuori dall’isola.
L’uomo si trova rinchiuso al 41bis, si tratta di una disposizione dell’ordinamento penitenziario italiano introdotta dalla legge 10/10/1986, n 663 la quale prevede un regime carcerario particolarmente rigoroso e differente dal “classico”. Normalmente viene utilizzato per i condannati di mafia.
Il figlio del boss, di anni 14, primogenito, era intenzionato a ricoprire il ruolo del padre nell’organizzazione criminale mafiosa. Adesso è lontano da Catania, con il progetto ‘Liberi di scegliere’.
Il padre dopo il colloquio gli ha mandato una lettera: “Ha scritto ‘rispetta tutte le indicazioni che ti danno in comunità – racconta il magistrato – e, soprattutto, non mi considerare un mito, ma un fallimento'”.
«Durante il colloquio, mi ha parlato della sua sofferenza – dice il presidente Di Bella – mi ha raccontato del dolore che prova nel non potere abbracciare i suoi figli, può incontrarli esclusivamente dietro al vetro blindato del 41 bis» .
Il giudice gli ha proposto un patto educativo in modo da «evitare a suo figlio la sofferenza che sta provando lei».
«A Catania si sono fatte avanti anche due madri – rivela Di Bella – erano rimaste destinatarie di misure cautelari. Hanno chiesto di essere aiutate a lasciare con i figli i contesti di origine. E così è scattato il protocollo ‘Liberi di scegliere’, che prevede un percorso di accompagnamento e sostegno da parte dell’associazione Libera, per un nuovo inserimento, anche lavorativo».
«È importante fare un lavoro costante sul territorio», dichiara il presidente Di Bella, il quale «deve vedere presenti insieme istituzioni e società civile», Questo potrebbe prendere vita già partendo dalla scuola e dal tempo prolungato essendo Catania la maggiore città in cui si verifica l’abbandono prematuro degli studi.
«La dispersione scolastica ha livelli preoccupanti, – asserisce Di Bella – arrivando al 22% dei minorenni fra i 6 e i 16 anni».
Questo il motivo per cui si è dato vita ad un iter per una nuova iniziativa. Chi non manda i figli a scuola perderà il reddito di cittadinanza e altri sussidi legati alla scolarizzazione. Il Tribunale ha già fatto le prime segnalazioni all’Inps.