Fino al 12 giugno “I Chiostri di San Domenico” a Reggio Emilia ospiterà un santo siciliano: San Benedetto da San Fratello, anche detto “il Moro”, patrono (con Santa Rosalia) di Palermo ritratto in “Benedittu” un particolarissimo progetto fotografico firmato da Nicola Lo Calzo.
“Benedittu”: il santo Nero
Schiavismo e colonialismo: inizia qui il viaggio di Nicola Lo Calzo che lo porta, dalle iconografie africane fino in Sicilia dove Benedetto Manasseri nasce nel feudo di San Fratello a Messina. Nato “uomo libero” in una famiglia di schiavi africani, una volta cresciuto fu oggetto di scherno e aggressione da parte dei suoi coetanei fino a quando fu salvato dall’eremita Gerolamo Lanza. Vendette ogni suo avere e si diede completamente alla vita eremitica per poi passare a quella monastica.
Vantò fama di santità anche da vivo grazie ai numerosi miracoli che
compì e che lo videro, da analfabeta, accanto a ecclesiastici, teologi e vicerè. Il culto di San Benedetto il Moro iniziò subito dopo la morte in maniera ufficiosa in Sicilia, espandendosi anche in Sudamerica dove la devozione è particolarmente sentita dalle comunità di colore in Brasile, Colombia e Venezuela con riti tipici delle culture africane del Togo, Benin, Nigeria e Angola.
Ma San Benedetto da San Fratello è da sempre un po’ nascosto, quasi scomodo alla comunità ecclesiastica che le rese protagonista di un lunghissimo processo di canonizzazione durato circa 200 anni iniziato proprio alla sua morte nel 1589, e terminato soltato nel 1807.
Dietro la spiritualità una ricerca antropologica
Il Santo nero rappresenta il riscatto. Lui, che era un semplice frate, incarna al meglio gli ideali di carità e fratellanza in una Sicilia che si spoglia dal razzismo per intraprendere una venerazione nei confronti di Benedetto totalmente indipendente dalla Chiesa.
Raffigurato con il saio e in braccio il Bambin Gesù, simile a
Sant’Antonio di Padova ma con la pelle scura, San Benedetto il Moro è diventato il simbolo della ricerca antropologica condotta da Nicola Lo Calzo: un reportage che racconta il culto rigido cattolico scontratosi con i riti africani, la sfumatura politica che inevitabilmente si abbina alla storia del figlio di due schiavi che è
diventato Santo ma non solo: il rifiuto nel XVII secolo nei confronti del frate così simile a quel meccanismo che scatta nei confronti della diaspora africana contemporanea nel Mediterraneo. Un mix di culture che appartiene da sempre alla Sicilia. Tutto questo è “benedittu”.