Se è vero che in Sicilia non manca niente, pochi sanno dell’esistenza della ”Stonehenge siciliana” dell’Argimusco nei Monti Nebrodi. Di cosa si tratta?
L’Argimusco, altrimenti conosciuto come la ”Stonehenge siciliana”, ricorda l’omonimo sito neolitico inglese più famoso al mondo. Si tratta di un complesso di colossali pietre, le rocche, risalenti all’età del bronzo (3400 a.C. – 600 a.C.). Si trova nei Monti Nebrodi, in provincia di Messina, precisamente nel comune di Montalbano Elicona.
Secondo il professore Gaetano Maurizio Pantano, il nome Argimusco deriva dal greco “arghimoschion”, ossia ”altopiano delle grandi propaggini”, in riferimento alle felci che crescono nella zona.
Il fascino delle rocche: dalle antiche civiltà ad oggi
Il fascino delle rocche è che recano i segni di civiltà millenarie. L’imponente complesso siciliano ruota intorno a due teorie: secondo la prima, è stato il luogo prediletto dal re Federico III° Di Sicilia (o Federico II° di Aragona) durante il periodo del suo soggiorno estivo nel Castello di Montalbano Elicona; secondo la seconda, quella di Paul Devins, fu il monaco beghino Arnaldo da Villanova (medico degli Aragona) ad utilizzarlo come luogo di medicina astrale.
Secondo un’altra ipotesi di Devins, le rocche del complesso erano relazionate alle costellazioni celesti. Non si trattava di un allineamento, come nei complessi megalitici nel resto del mondo, ma di un riflesso speculare. Ipotizzò anche che nei mesi estivi, dopo il tramonto, le rocche riflettevano le seguenti costellazioni: Cigno, Freccia, Aquila, Serpente, Ofiuco, Vergine, Leone, Corvo, Idra e Cratere.
Le teorie di Devins non sono attendibili: si trattava di un acronimo che un politico siciliano utilizzò per scrivere un libro, parecchio romanzato, sui miti e le leggende dell’Argimusco.
Secondo un’ipotesi realistica dello studioso Pantano (la più accreditata), antiche civiltà sfruttavano questo luogo come calendario astronomico. Esse riuscivano a calcolare i solstizi e gli equinozi sfruttando le collimazioni del sole con alcune rocche e andavano proprio nel complesso dell’Argimusco per calcolare la stagione in cui si trovassero.
Forma delle rocce: curiosità e misteri
L’origine dei megaliti non è naturale: si tratta di enormi rocce posizionate dall’uomo, come nel caso della Stonehenge inglese. Nel raro caso dell’Argimusco (ma anche dell’altipiano di Marcahuasi in Perù) si tratta di un complesso di rocche, come afferma il fisico nonchè archeoastronomo Andrea Orlando:
«E’ un errore comune scambiare le rocche dell’Argimusco con dei megaliti. In realtà -prosegue Orlando- quelle dei Nebrodi sono di origine naturale» Si tratta di roccia arenaria: roccia sedimentaria composta di granuli dalle dimensioni medie della sabbia.
Le sue formazioni, ormai scolpite dall’erosione, fanno trasparire l’azione dell’uomo. Come la presenza di una vasca rettangolare scolpita sopra la testa dell’orante; la tomba grotticella di origine preistorica; sette scalini nella roccia piramidale e il palmento pentagonale. Inoltre si sono recentemente scoperte delle punte di selce e di ossidiana.
Le forme rotonde, che secondo l’immaginazione di alcuni erano di origine ”extra-terrestre”, in realtà si sono formate naturalmente.
Visitare l’Argimusco: escursioni notturne e Shinrin-Yoku
La guida Ambientale Escursionistica Alice Pantano, organizza escursioni al tramonto e di recente ha aperto un nuovo percorso di 2 km, per osservare le recenti scoperte.
Inoltre sono state organizzate da Pantano immersioni in natura, una tipologia di escursioni di origine giapponese. Le cosiddette Shinrin-Yoku ovvero ”bagni di bosco” sono delle escursioni immersive dove, attraverso l’ascolto di musiche a 482 Hertz, ci si immerge con tutti i sensi nella natura.
L’archeoastronomo e cultore di antiche civiltà Andrea Orlando ha realizzato un format di escursioni notturne per l’osservazione del cielo e delle costellazioni. Nelle notti di luna nuova è addirittura possibile osservare la Via Lattea.
Le sue escursioni si suddividono in due parti: la prima, durante il tramonto, in cui si raccontano le rocche; la seconda, con il solo ausilio luminoso delle lanterne, in cui si osserva la volta celeste e si narra come gli antichi percepivano le costellazioni.
Nel 2014 ha realizzato un concerto di archeoastronomia a cui ha partecipato l’amatissimo Franco Battiato e in cui si è proiettato il film-documentario ”Attraversando il Bardo”.
L’Argimusco è un luogo incontaminato, un vero e proprio ”spazio di culto”. L’inquinamento luminoso e acustico prodotto dalle città non lo raggiunge. La sensazione che si prova nel visitarlo è quella di tornare indietro nel tempo. Si tratta di un’immensa distesa di felci. Un luogo dove la natura diventa divinità.
L’Argimusco è un sito archeologico?
La risposta è no. Ed è un peccato. «Un sito del genere necessita ricerca archeologica per scoprire ciò che c’è ancora da scoprire» questo l’appello della guida Ambientale Escursionistica Alice Pantano.
«Tutto ciò che si sa al riguardo è frutto di studi superficiali che possono essere approfonditi soltanto grazie a un intervento archeologico» conclude Pantano.
Anche Orlando sostiene che «uno scavo stratigrafico porterebbe a confermare delle ipotesi, che per quanto contestualizzate, restano scientificamente non provate». L’ottenimento di un certificato che attesti il passaggio di varie civiltà, dalla preistoria ad oggi, affinché l’Argimusco venga riconosciuto dall’Unesco un geoparco.
Per il momento il complesso megalitico rimane circondato da quell’aura magica e un po’ artificiosa, frutto di interpretazioni fantastiche che, in fondo, rendono luoghi come questo ancora più misteriosi e affascinanti.