Un sisma di magnitudo 2,9 è stato registrato a 5 chilometri a nord est di Rosolini, in provincia di Siracusa.
La scossa, alle 4.46, è stata localizzata a una profondità di 8 chilometri come segnalato dall’Ingv.
Il giorno dell’Immacolata invece alle 21.16, era stato registrato un altro terremoto di magnitudo 4.1 con epicentro tra i comuni di Mazzarone (Catania), Chiaramonte Gulfi e Acate, nel Ragusano.
Ma cosa scatena questi terremoti?
Si tratta della faglia Alfeo-Etna, una enorme struttura sismogenetica ubicata nel mar Ionio occidentale che corre anche lungo i monti Iblei.
Si spiega così lo sciame sismico che nelle ultime 24 ore ha interessato la Sicilia Sud Orientale tra le province di Catania, Siracusa e Ragusa.
Uno studio pubblicato lo scorso 10 marzo sulla rivista internazionale “Geosciences” che porta la firma anche del prof. Carmelo Monaco del Dipartimento di Scienze Biologiche Geologiche e Ambientali dell’Università.
Ma non solo, con lui anche i ricercatori Salvatore Gambino, Giovanni Barreca, Giorgio De Guidi, Carmelo Ferlito dell’Università di Catania, di Valentina Bruno, Mario Mattia e Luciano Sarfì dell’Osservatorio Etneo dell’Ingv e di Felix Gross dell’Institute of Geosciences e Center for Ocean and Society dell’ateneo tedesco di Kiel, rivela il funzionamento di questa enorme faglia.
«Si tratta in realtà di un enorme sistema di faglie, lungo fino a un centinaio di chilometri, ubicato ad est della più famosa scarpata Ibleo-Maltese – spiega il dott. Luciano Scarfì, sismologo dell’Ingv di Catania – che ha generato uno sciame continuo di terremoti minori già da novembre dell’anno scorso».
I dati geologici e geofisici acquisiti indicano che la zona di deformazione, con direzione nordovest-sudest, della faglia Alfeo-Etna modifica chiaramente il fondale marino al largo della costa ionica, collegandosi lungo la Timpa di Acireale con i sistemi di faglia attivi del versante orientale dell’Etna.