Una tradizione antichissima, che risale addirittura al primo trentennio del 1600, si svolge puntuale ogni anno a Novara di Sicilia, in provincia di Messina. Una manifestazione assai bizzarra ( non potrebbe essere altrimenti se pensiamo che si tiene durante il periodo di Carnevale), ma particolarmente amata dagli abitanti, è il torneo del maiorchino. Stiamo parlando di un tipico formaggio di pecora prodotto localmente che vanta il presidio Slow Food, ma la cui fama non è legata tanto al sapore vista la limitatissima produzione, quanto ad una gara singolare: “la ruzzola”
“La ruzzola”: gioco di abilità o di fortuna?
In italiano, la ruzzola è un disco di legno che si lancia con la mano. Mentre in dialetto novarese, “a maiurchèa” è una forma di formaggio pecorino locale. Dall’unione di questi due termini viene così intitolato il torneo del maiorchino o “ruzzola”, un tempo riservato soltanto agli uomini. I tantissimi partecipanti, anticamente contadini, seguono ancora le poche ma antiche regole.
Divisi in squadre da due o tre tiratori, devono far rotolare le forme di formaggio avvolte in un robusto laccio (‘a lazzada) lungo il tradizionale percorso che parte dalla “cantuèa da Chiazza a sarva du chièu don Michèri”. La squadra che arrivava al traguardo con il minor numero di lanci effettuati sarà decretata come vincitrice. Ma è un torneo pieno zeppo di imprevisti, dove la Dea Fortuna gioca un ruolo non indifferente. L’abilità acquisita nel tempo permette di guadagnare terreno, ma l’esito del percorso condotto dal Maiorchino è nelle mani del fato.
Le regole
Art. 1 Il giuoco consiste nel lanciare il maiorchino lungo il percoso che va “da cantuèa da Chiazza a sarva du chièu don Michèri”;
Art. 2 Ogni squadra deve segnalare, prima dell’inizio della gara, il proprio capitano, che potrà conferire con i giudici di gara per far valere le proprie ragioni “nel caso … ve ne fossero”;
Art. 3 Inizia il giuoco la squadra che risulta sorteggiata per prima (toccu);
Art. 4 Ogni giocatore deve lanciare il maiorchino dal punto segnato, senza alcuna rincorsa, facendo leva sul piede di appoggio (pèdi fermu);
Art. 5 Vince la squadra che raggiunge, per prima il punto di arrivo (a sarva) a parità di lanci (corpi).In caso di una eventuale appendice, si prosegue, come da tradizione, per la stradina che porta ai mulini di Corte Sottana.
Art. 6 Nel caso in cui il maiorchino, durante la gara, dovesse rompersi, verrà segnato il punto dove si fermerà il pezzo più grande e verrà sostituito con un’altra forma di maiorchino di eguale peso;
Art. 7 Per quanto non previsto nel presente “regolamento”, restano sempre in vigore le ataviche e vetuste regole del “Giuoco del Maiorchino a Novara”.
“L’uomo del sole” di Nino Trifilò
La Sicilia non fa altro che ammaliare gli scrittori che la rendono musa prediletta della propria letteratura. E anche il tradizionale torneo del Maiorchino non fa eccezione.
«…Don Cesare Cavatino con un tiepido raggio di sole sulle spalle e con il piede d’appoggio sulla striscia di pietra che delimita il basolato della via Duomo con quello del corso Nazionale, dondolando tra le mani, sul fianco destro e con le gambe leggermente piegate, una forma di maiorchino di circa dodici chilogrammi, ed esaminando con gli occhi dilatati ed attenti la strada che doveva farle percorrere, fra l’affannoso ed interessato vociare degli astanti, sempre critici ed avveduti giudici, iniziò la gara», si legge tra le pagine del romanzo “L’uomo del sole” di Nino Trifilò.