Nella poesia, così nella pittura, il ricorso all’orpello, al pezzo di bravura, può strappare, al massimo, l’applauso isolato, mai consacrare l’artista in quanto talento.
Percepire il mistero dell’inconoscibile
A Salvo Bombaci, pittore a tutto tondo, toccò in sorte l’attitudine a percepire il mistero dell’inconoscibile, a intuirne l’alea, ad assorbire la finitezza dell’uomo per collocarla nella infinitezza del cosmo. Per dare espressione a questo urgere interno delle emozioni, assecondando la sua innata propensione, Bombaci, Salvuccio per parenti, amici ed estimatori, partì, zaino in spalla, dalla Lentini, dove era cresciuto, approdando nella culla dell’arte, quella Firenze, mai abbastanza apprezzata dagli italiani, in compenso idolatrata dagli stranieri. Diplomatosi al liceo artistico della città toscana, si specializzò all’accademia delle belle arti nella stessa Firenze, dove iniziò il suo brillante apprendistato, conquistando diversi prestigiosi riconoscimenti di valenza nazionale come il premio di grafica per il concorso di arte della regione tosco-emiliana.
Per Bombaci dipingere equivaleva a narrare, intuizione marcata la sua, giacché ogni ritrattista ha in animo di rappresentare uno spaccato della realtà, ma per lui quel legame invisibile tra terra e cielo, irrappresentabile con le umane abilità, aveva, nella sua poetica, il mezzo più autentico nei colori, nelle variazioni, nelle sfumature, nelle nuances, direbbero i francesi. Per l’artista, la voce narrante di ogni quadro, il filo conduttore del tema, consisteva nella mescola di colori, a riprodurre, quasi fossero suoni, la musicalità del profondo, l’anelito dell’universo alla giustizia, senza la quale non esiste la pace.

Protesta delle “donne di mafia”, dal film Il prefetto di ferro


Il trionfo della morte” Salvuccio e Stefano Bombaci


Importanza del suo impegno sociale
Ecco, appunto, quando lo incontrai, qualche mese prima della scomparsa, nella sua Lentini, compresi l’importanza del suo impegno sociale, quello stare al mondo, nell’atteggiamento, quasi sempre silente, di empatia con l’ambiente circostante. Non che me ne avesse parlato, piuttosto la creatività rivolta all’esplorazione del mondo, la curiosità eletta a musa del proprio dipingere, unito ai tratti della pittura marcavano quello sguardo rivolto in alto, quasi un’implorazione al cielo di salvaguardare i più deboli. Quaggiù in terra.
Cosa rivelava?
Nella mescola di colori, appunto, Bombaci esprimeva e rivelava sentimenti, suggestioni, impressioni. Come gli esteti di razza non giudicava, metteva l’osservatore di fronte al vociare gesticolante del quadro dalle tinte truci delle donne di mafia. Oppure, lui, siciliano d’oriente, creatore di scene dove gli anfratti della propria terra brillavano di luce o scadevano nelle tenebre, venne invitato a esporre a Damasco, in Siria, nel novembre 2009, la sua collezione mutazioni/conflitti. Anche con i titoli contratti, sincopati, Bombaci esprimeva la sua poetica, quelle mutazioni lo iscrivevano tra i pochi fuoriclasse, capaci di intercettare sul finire degli anni Dieci del duemila, i cambiamenti epocali, allora per oggi, intervenuti tre lustri oltre. A esergo della sua ricerca, il portatore di acqua e limone marca il segno del suo viaggio a Damasco. Così come Il trionfo della morte, con lo scheletrico cavallo, in groppa l’effigie della dama, mietitrice di vite umane, con quel suo volare sopra paesi, strade, vicoli, l’Etna stessa sullo sfondo, a passare sopra la folla in movimento, ferma l’immagine, a un tempo, sull’ineluttabilità, in uno con l’accoglienza, non tanto di un nemico, quanto di una sorella, secondo il credo di Francesco d’Assisi.
Il ricordo della figlia Alice
Dipinto dal segno ancestrale, pennellate cariche, quelle a rendere omaggio alla terra natia con Essere isola. Nell’accentuare le tonalità cromatiche, la luce inonda il quadro.
Recentemente, in una mostra privata, a ricordare l’artista nel giorno del suo primo compleanno dalla scomparsa, la figlia, Alice, dalla spiccata sensibilità, ha allestito una galleria dei quadri del padre tale da averne ricostruito la marcata e personale espressività nel complesso, esemplificata attraverso i vari cicli. Dai pazienti in manicomio, Quando la mente non è, a Orizzonte di pace, dalla Musica nel cuore a Verba volant e Scripta pure, da Casa a Tramonto, da Amici a Ritratti.
E nella consapevolezza del ruolo assolto, Bombaci, alla stregua degli eletti, con leggerezza e umiltà si definì preferibilmente grafico-illustratore. Il segno come strumento comunicazione e denuncia: tanto colore come testimonianza di fiduciosi sentimenti per nuove albe e più vasti orizzonti. Che il cielo possa conservare il tuo magico tocco e lo sguardo profondo. Vale.