Pubblicato da Adelphi nel 1997, in una raffinata edizione di sole 109 pagine, L’arte di essere felici è uno dei testi più sorprendenti e accessibili di Arthur Schopenhauer. Curato con la consueta eleganza della casa editrice milanese e tradotto da Giovanni Gurisatti, il libro raccoglie riflessioni brevi, aforismi e consigli pratici che il filosofo tedesco aveva annotato come una sorta di bussola privata per orientare l’esistenza.
Sebbene sia un volume di piccole dimensioni, racchiude una profondità che smentisce ogni misura. Schopenhauer, maestro della lucidità e del disincanto, condensa qui la sua visione della vita, del dolore e della felicità, affidandosi non solo alla sua voce, ma anche a un ricco intreccio di citazioni di altri filosofi, nonché a espressioni e sentenze in latino e greche che arricchiscono il testo di risonanze antiche e universali.
La felicità come ricerca infinita
Una delle intuizioni più potenti del libro emerge quando Schopenhauer riflette sulla natura sfuggente della felicità, ricordandoci che: «La felicità la cerchiamo per tutta la vita, la sofferenza e il dolore arrivano senza preavviso».
Questa frase, collocata all’inizio del percorso, definisce un punto di partenza essenziale: la felicità non è una condizione stabile né garantita, ma un movimento continuo, un orizzonte verso cui tendiamo.
Il dolore invece — più fedele, più tenace, più inevitabile — si presenta senza preannunciarsi, come una legge inscritta nella struttura stessa dell’esistenza. Questa consapevolezza diventa un invito alla maturità emotiva. Chi comprende la fragilità della felicità impara a non inseguirla come un miraggio, ma a riconoscerne le forme sottili, quotidiane, e a custodirle con gratitudine.
La saggezza come arte di ridurre il dolore
In un secondo momento del libro, Schopenhauer formula quella che forse è la sua indicazione più radicale e pragmatica per vivere bene: «L’uomo saggio non persegue ciò che è piacevole, ma l’assenza di dolore»
Qui la prospettiva cambia: non si tratta più di rincorrere momenti di piacere, effimeri e per loro natura destinati a svanire, ma di costruire una vita che sappia limitare le fonti di sofferenza.
È una filosofia della sottrazione, non dell’accumulo. Un invito a rinunciare al superfluo, a difendersi dalle passioni eccessive e dagli attacchi dell’ansia, a scegliere la semplicità come forma di potenza interiore.
Questa idea, che a molti può sembrare austera, è invece sorprendentemente moderna: nell’epoca della velocità, del consumismo e dell’“avere di più”, Schopenhauer suggerisce la via del “desiderare meno”.
Un libro piccolo, una grande compagnia quotidiana
Nonostante le sue dimensioni contenute, L’arte di essere felici è un libro che non si esaurisce con una sola lettura. Si può aprire a caso, leggere una pagina, portarne con sé una frase per tutta la giornata. La sua forza sta proprio nella forma breve e nell’essenzialità: ogni aforisma è una lente che cambia modo di vedere la realtà, ogni consiglio è una piccola scultura di logica e umanità.
Schopenhauer non promette una felicità perfetta perché non esiste, ma una felicità possibile: quella che nasce dall’equilibrio, dalla lucidità, dalla capacità di distinguere l’essenziale dal superfluo.
La vera felicità
In un mondo che ci chiede costantemente di essere felici, il filosofo tedesco compie il gesto più rivoluzionario: ci insegna che si può essere sereni anche senza inseguire l’euforia.
E che la vera arte della vita non è collezionare momenti luminosi, ma gestire con saggezza le ombre che inevitabilmente ci accompagnano. Un libro piccolo, dunque, ma prezioso. Da tenere sul comodino, da aprire quando serve una parola chiara.







