Se al peggio non c’è mai fine, per la proprietà transitiva di rimedi potrebbero essercene tanti. O no? Di indagine in indagine, la magistratura della Sicilia, ammesso che fosse lecito tradurre i provvedimenti giudiziari in espressioni di utile impatto massmediatico, con l’apertura di dieci inchieste per reati contro la pubblica amministrazione, ha nei fatti, avviato accertamenti, avente in posizione preminente l’affaire sanità. Nell’uso del sostantivo francese è ricompreso il significato di complessità, quanto quello di volumi di affari. Infatti, il comparto della sanità, in Sicilia, vale la metà dell’intero bilancio regionale. Ossia, 9 miliardi di euro.
Tante ombre e poche luci
Se, da un lato, non avrebbe senso parlare dei diciotto indagati, così come delle accuse formulate a loro carico, in considerazione della dovizia di scritture, talvolta a sproposito, elargita dai vari periodici regionali e nazionali, sul versante opposto gioverebbe riassumere luci, poche, e ombre, tante, di cui si cinge il capo il sistema sanitario isolano.
Al di là dei luoghi comuni, nei quali s’impantana qualche collega giornalista, la notizia non è quella dello scontro dentro la maggioranza di governo di centrodestra per accaparrarsi il direttore generale di questo o quel nosocomio, giacché tocca alla coalizione vincitrice delle elezioni esprimere i dirigenti titolati a gestire le aziende sanitarie, quanto i ritardi, davvero inquietanti, rispetto ai quali la Sicilia nei prossimi anni rischia il collasso nell’erogazione dei servizi alle persone.
Le maggiori sofferenze
Tra le maggiori sofferenze, l’insostenibile affidamento ai privati della gestione delle residenze sanitarie assistite, ormai con costi standard, pari a uno stipendio medio-alto; da rilevare, la mancanza di anestesisti, per cui con la prossima tornata di pensionamenti, si arriverà a rimandare gli interventi chirurgici; infine, quelli un tempo chiamati pronti soccorso, dove l’incuria di anni ha messo i pochi medici e i residuali infermieri nell’impossibilità di lavorare. Non finiscono qui le note dolenti, poiché le famiglie siciliane affrontano oneri economici nel campo della salute di 1.503 euro, secondo i dati riferiti al 2023, di cui l’89% conferito alle strutture private.
In sopraggiunta, va segnalato il fatto siano quasi l’8% i nuclei famigliari costrette a rinunciare alle cure e ai farmaci. Detto così sembrerebbe una bazzecola, ma si tratta all’incirca di oltre un milione di persone, abbandonate a sé stesse.
Gioiscono le case di cura private
E, dunque, l’osservazione da rivolgere al governo regionale non può essere diversa da quella, secondo la quale i 9 miliardi di euro annui, destinati al sistema sanitario pubblico, continuano ad alimentare prevalentemente le case di cura private, le quali attingono, abbondantemente, ai finanziamenti regionali, tartassando i pazienti, naturalmente quelli abbienti, guadagnando da ambedue i versanti. Perché? Per quale ragione, in presenza degli ingenti fondi del piano nazionale di ripresa e resilienza, abbondanti, secondo le stesse dichiarazioni del presidente della regione Renato Schifani, non si interviene a modificare le modalità di erogazione dei servizi sanitari invertendo la tendenza dal privato al pubblico? Forse per via delle pressioni delle lobby della sanità di capitale, esercitate sui politici?
Ecco, le testate giornalistiche, anziché trovare rifugio nella ricerca dello scandalo, potrebbero affrontare l’assurdità per antonomasia, consistente in questo valore falsato, per il quale l’interesse dei singoli oscura i bisogni dei cittadini, vessandoli nel loro diritto alla salute, con l’assecondamento della politica.
Dati sconfortanti riguardo alla carenza di infermieri
Ammesso siano insufficienti le motivazioni finora addotte a sostegno del rilancio del servizio sanitario pubblico a detrimento delle strutture private, il presidente della Regione Siciliana abbia la compiacenza di valutare, meglio prendere atto, non chiudere gli occhi, di fronte alle urgenze della collettività. Ci si riferisce alla carenza di infermieri, in quanto la Sicilia vanta la più bassa media italiana nel rapporto ogni mille abitanti, pari al 3,5 contro il 4,7 della media nazionale. Non va meglio il rapporto medici – infermieri 1,82 quello isolano a fronte del 2,54 del nazionale. Se, come sostengono gli specialisti, da marcatore sintomatico dei livelli delle prestazioni funziona la mobilità sanitaria verso le altre regioni, la Sicilia sta messa male, nel 2022 il saldo negativo ha toccato la cifra di 241, 8 milioni di euro.
A volere essere in qualche modo ottimista, comunque nel settore nevralgico dei trapianti, l’incremento lascia sperare, poiché sono aumentati nel 2024, del 40%. Sarebbe da indagare quanti risolti in positivo e, soprattutto, quanti fossero nell’anno precedente. E dell’invasione dei privati nella sanità, ormai omologa del modello americano, estraniante rispetto a quello italiano, come ci regoleremo?








