C’è un mazzo di carte che racconta la Sicilia meglio di qualsiasi guida turistica. Non è nato per predire il futuro, ma custodisce simboli antichi, storie tramandate, sapienza popolare. È il Tarocco Siciliano, o come lo chiamano in dialetto: Trunfu. Un gioco di carte che ha poco a che vedere con la cartomanzia, ma molto con la memoria collettiva di un’isola che si specchia nella sua arte, nelle sue regole, nei suoi misteri.
Un gioco antico, nato tra i Trionfi e le corti italiane
I tarocchi nascono in Italia all’inizio del XV secolo come gioco di corte, i cosiddetti “Trionfi”. Mazzi sontuosi, realizzati per nobili e famiglie regnanti, con una simbologia ricca e stratificata. Il Trunfu siciliano ne è diretto discendente: probabilmente giunto sull’isola nel XVI secolo, secondo alcune fonti grazie al Viceré Francesco Caetani, duca di Sermoneta, che nel 1662 lo introdusse tra l’aristocrazia locale con il nome di “Gallerini”.
La sua diffusione fu rapida e capillare. Stampato a Palermo già dal XVII secolo, il Tarocco Siciliano divenne presto una presenza fissa nei circoli di conversazione, nei salotti borghesi, e perfino nei ritrovi di paese. Un gioco intelligente, fatto di prese a punti, molto simile al Tarocchino Bolognese, ma con tratti iconografici tutti suoi: semi di origine portoghese, 21 Trionfi e una carta speciale, il Fuggitivo (U Fujutu), il nostro Matto. Un mazzo che sembra parlare, in cui ogni carta ha un volto, un gesto, un accento isolano.
Il mazzo che non legge il futuro, ma racconta il passato
A differenza dei tarocchi francesi – da cui deriva la deriva esoterica e cartomantica settecentesca – il Tarocco Siciliano nasce per giocare, non per predire. Eppure, è impossibile non percepire una certa aura magica quando si tengono quelle carte tra le mani. I colori, le figure, i simboli: tutto richiama un altro tempo, un’altra lingua. Ogni partita sembra un piccolo rito collettivo, dove contano strategia, memoria, astuzia — ma anche rispetto per una tradizione che non si improvvisa.
Giocare a Trunfu oggi significa continuare un rito culturale che resiste al tempo. Non è un caso se, nel 2014, il Tarocco Siciliano è stato iscritto nel Registro delle Eredità Immateriali della Regione Siciliana ai fini UNESCO: è l’unico gioco di carte in Italia ad aver ottenuto tale riconoscimento. Un patrimonio vivo, ancora oggi praticato in comuni come Mineo, Tortorici, Calatafimi e Barcellona Pozzo di Gotto, e custodito da realtà attive come l’Associazione Culturale Gioco Tarocchi Siciliani – Michael Dummett, che ne promuove la conoscenza attraverso corsi, tornei, mostre ed edizioni moderne del mazzo.
La nuova vita del Trunfu: arte e memoria si danno la mano
Il Tarocco Siciliano oggi rivive anche grazie a iniziative editoriali come il Nuovo Tarocco Siciliano, illustrato dal fumettista Lelio Bonaccorso: un mazzo che rispetta l’iconografia tradizionale ma è aggiornato nel formato e nella leggibilità. È una dichiarazione d’amore a una Sicilia che non vuole solo essere raccontata, ma giocata, toccata, tramandata.
E qui torna la magia. Perché ogni carta non è solo un numero o una figura: è un frammento di immaginario, un simbolo da interpretare, una storia da condividere. Il Trunfu non predice il destino — ma lo evoca, lo sfida, lo reinventa a ogni mano.
E allora sì, forse un po’ di magia c’è. Non quella delle sfere di cristallo, ma quella delle mani che mescolano carte, delle voci che si accavallano in dialetto, delle partite giocate fino a tarda sera tra amici e sconosciuti. Un’arte popolare che è anche rito, memoria, sfida e identità. Un pezzo di Sicilia da non dimenticare.