«Quando sono arrivato a Salar de Uyuni, in Bolivia, la più grande distesa di sale del mondo, ho vissuto un sogno, dove tutto era così perfetto da non sembrare reale. Ho iniziato a suonare il mio hang, e le note si diffondevano nell’aria come se fossero parte stesso del mio respiro».
Si può riassumere in queste poche parole il meraviglioso viaggio musicale di Marco Selvaggio, suonatore di hang, che è appena rientrato da uno dei suoi tour in giro per il mondo. Questa volta le tappe predilette dal musicista made in Sicily, sono state quelle dell’America meridionale, facendo tappa in Colombia, Bolivia e Cile.
«Il tour è andato benissimo senza nemmeno un problema – racconta Marco, pieno di entusiasmo e con quella spiccata vivacità e humor catanese -. Mio compagno di viaggio è stato Emilio Messina con cui sto girando un documentario su questo viaggio. Lui è un fotografo della natura, sono la prima persona a cui fai degli scatti, spero di essere stato all’altezza!!! Io poi amo suonare nella natura e nei posti più remoti, proprio come a Salar de Uyuni, dove sono andato appositamente. Qui abbiamo visto l’alba, e grazie all’effetto dell’acqua che ristagna -considerato che è il periodo delle piogge – si è creato una sorta di effetto specchio con l’immagine riflessa: la mia e quella dell’orizzonte. È stata l’alba più bella di tutta la mia vita. In un certo senso tutto il viaggio era finalizzato ad andare lì. Quasi come se fosse un rituale che dovevo rispettare. E di rituali io ne ho anche altri, come quello di non fare più di 7 concerti consecutivi. Questo numero ha un valore per me, sarà anche perché è la data del mio compleanno».
Anche in Sicilia ha scelto dei luoghi a contatto con la natura? “Ho suonato alla Scala dei Turchi, ad esempio, o nella Valle dei templi di Agrigento, dove probabilmente sarà quest’estate, ovviamente ho suonato anche al teatro Bellini e alle Terme Achilliane a Catania. In quest’ultimo posto in particolare ho fatto dei micro concerti perché potevano assistere solo in 40 persone ad ogni mia esibizione. È stato emozionante oltre che catartico, ma la mia musica è così, ti porta in un’altra dimensione e il pubblico rimane come rapito dal suono dell’hang”. Marco ha sperimentato il suono del suo hang, considerato uno degli strumenti più rari al mondo, in diversi progetti discografici collaborando con artisti nazionali ed internazionali e suonando live con Arisa, Cesare Malfatti, Daniel Martin Moore, Mauro Ermanno Giovanardi, Erica Mou, The Niro, Roy Paci e Sagi Rei, per citarne alcuni. Tra gli ultimi progetti c’è quello con T.O.L.D. & USE, e il brano “Without You” , dal respiro indie fuso con la musica elettronica, con un retrogusto pop, il cui video è stato girato da un artista brasiliana che creato tutto con la carta animando più di 2 mila foto.
Dopo tanti anni, ti emozioni ancora ogni volta che suoni? “Quando suono l’hang, cerco di esplorare questo strumento in ogni sua sfaccettatura. L’emozione è diversa dipende dal contesto in cui mi trovo, entro in un loop melodico come se fossi ipnotizzato. Ogni concerto è come se fosse una cosa più intima, sacrale, crea una connessione con il pubblico molto intima, si resta incantati,ti immergi nella musica e diventi un tutt’uno fino a che non finisci di suonare”.
Nel tuo nuovo lavoro c’è un brano dedicato alla tua terra? “Sicily” è una balald, un brano più lento con l’hang protagonista, perché chissà forse un giorno tornerò a vivere a Catania”.
Da dove trai ispirazione per i tuoi brani? “Per 33 anni ho vissuto qui, ogni volta che parto cerco collaborazioni con artisti locali, ogni persona interpreta la musica in modo personale. I miei brani sono il frutto di questi incontri, delle mie esperienze e dei miei viaggi che metto in musica, registro bozze e poi rielaboro tutto”.
Suonerai a Catania quest’estate? “Perché no!!”.