Debutta domani, 22 marzo, alle 17,30 al teatro Brancati di Catania, “La vita è un sogno”, la pièce diretta da Giuseppe Dipasquale che cura anche le scene, tratta dall’opera di Pedro Calderón de la Barca.
Un’opera teatrale terribilmente moderna, scritta nel 1635 che non a caso fu oggetto di culto da parte dei romantici tedeschi.
Lo spettacolo sarà in scena fino a domenica 26 marzo.
Protagonista Mariano Rigillo, affiancato da Angelo Tosto, Ruben Rigillo, Silvia Siravo, Filippo Brazzaventre, Alessandro D’Ambrosi, Valerio Santi, Federica Gurrieri. Una produzione originale del Teatro della Città – Centro di produzione teatrale. I costumi sono di Dora Argento e le immagini di Francesco Lopergolo.
La data di scrittura dell’opera, in piena epoca barocca, potrebbe far pensare che questo dramma presenti tutti i pregi e tutti i difetti della sua epoca, come un eccessivo amore per l’ornamento della parola o un esagerato utilizzo dell’allegoria eppure non è così.
La vita è sogno, è una “commedia morale”, bisogna partire dal senso che viene esplicitato con chiarezza nel testo: “la vita è come un sogno”. Significati di questa espressione si possono certo rintracciare all’interno di una concezione giudaico-cristiana della vita. Il passaggio sulla terra è una sorta di illusoria incarnazione che richiama alla vita celeste cui ciascuno è destinato con la propria propria azione. Ciò che va compreso è il senso, sofisticato e profondo.
Note di regia
«La storia raccontata in “La vita è sogno” – racconta Giuseppe Di Pasquale – è sostanzialmente una favola drammatica dai contorni sfumati in cui umano e divino, realtà e sogno, assoluto e relativo si compongono e si confondono. In una Polonia immaginaria liberamente creata dall’autore, il dottissimo Re astrologo Basilio alla nascita di suo figlio Sigismondo aveva letto negli astri che questi sarebbe stato un terribile tiranno».
«Per evitare l’oscuro vaticinio lo aveva fatto rinchiudere in una torre sperduta tra le montagne dove fu cresciuto e istruito alle arti da Clotaldo, Ministro del Re e unica sua relazione con gli esseri umani. Il giorno che Basilio, ormai invecchiato, – continua – deve decidere la sua successione tenta un’ultima prova per vedere se l’uomo può prevalere sulle profezie delle stelle….».
«Nonostante gli eventi precipitino – conclude – e la trama si faccia più avvincente e intensa con un’atmosfera man mano più cupa e greve, Sigismondo decide categoricamente di impiegare nel bene il suo breve transito terrestre inaugurando il suo regno di saggezza e di giustizia. Sebbene la vita sia una fantasmagoria e un trucco divino occorre impiegarla bene in attesa del risveglio e della rivelazione dell’unico vero: l’Eterno».