«Non sono mai stato ritenuto affatto colluso con la mafia dalla sentenza che ho subito».
Lo dice il commissario della DC Nuova, Totò Cuffaro all’agenzia Ansa, aggiungendo che: «i processi celebrati sono stati due e nei tre gradi di giudizio relativi all’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa sono stato escluso da un rapporto collusivo con la mafia».
« I giudici hanno ritenuto inesistente – continua – il patto di natura politico-mafiosa o di scambio elettorale con l’organizzazione mafiosa di cui ero stato infondatamente accusato».
Cuffaro spiega di tornare sui fatti relativi ai processi per “ristabilire la verità storica e processuale della vicenda giudiziaria” dopo l’inaccettabile e crescente disinfomazione non più tollerabile delle cronache di questi giorni.
Favoreggiamento personale
Per quanto riguarda invece la condanna definitiva e la pena che ha scontato a Rebibbia, l’ex governatore della Sicilia spiega che era legato solo al favoreggiamento personale.
«Mi è stato contestato nei confronti dell’amico Mimmo Miceli e soltanto indirettamente nei confronti di Giuseppe Guttadauro, col quale quest’ultimo si relazionava”. La mia responsabilità “per tale singolo fatto sarebbe consistita, sotto il profilo del dolo eventuale, che secondo l’accusa, avrei avvertito Miceli dell’esistenza di indagini nei suoi confronti, quest’ultimo lo avrebbe poi riferito a Guttadauro in ragione delle loro frequentazioni».
Guttadauro però all’epoca dei fatti era ritenuto un soggetto compromesso col sistema mafioso, e questo favoreggiamento avrebbe assunto una forma ‘aggravata’ proprio per tale ragione poiché si è ritenuto che ne sarebbe rimasta avvantaggiata anche l’organizzazione mafiosa.
«Ma un fatto del tutto episodico, così come ricostruito -prosegue Cuffaro – con questa peculiare caratterizzazione, non può autorizzare alcuno a ritenere che da esso siano emersi gli elementi di una collusione con la mafia perché non ho mai avuto alcun contatto né con Guttadauro nè con nessun altro esponente dell’organizzazione mafiosa».
L’impostazione accusatoria che ha generato la condanna dell’ex governatore, non aveva convinto unitamente tutti i giudici che si sono occupati del processo.
«Il Tribunale non aveva ritenuto aggravata la condotta di favoreggiamento – conclude – così come avvenuto successivamente nel giudizio di Cassazione da parte del procuratore generale, che invero aveva chiesto l’annullamento della sentenza di condanna».
foto: ansa