Un viaggio visivo, una passeggiata lungo la linea della vita della musica: l’opera Club Icons
(100×100) di Renè, realizzata con tecnica mista, unisce pittura, collage e suggestioni grafiche in una
composizione che intreccia passato e memoria collettiva. Questa creazione, pezzo unico presente presso la Corniceria Brera, non si limita a essere un omaggio ai grandi della musica: è una riflessione sulla memoria culturale e sulla capacità dell’arte di imprimere un segno che resta.
Passeggiata lungo la storia dell’umanità
Una passeggiata, dunque, che non è solo lungo una strada, ma lungo la storia dell’umanità, filtrata
attraverso la musica e l’immaginazione. Camminare lungo questa strada significa entrare in un racconto che appartiene a tutti noi. In primo piano i Beatles, colti nell’atto di attraversare Abbey Road: quattro figure che non sono più solo musicisti, ma simboli di un’epoca, di una rivoluzione sonora e culturale che ha insegnato a intere generazioni a sognare. È da lì che inizia la passeggiata, come se i loro passi aprissero un sentiero dentro la memoria collettiva della musica.
Sullo sfondo, un enorme cartellone si accende come un faro nel paesaggio urbano. Non è pubblicità, ma una sorta di altare laico: i volti di Jim Morrison, Michael Jackson, Whitney Houston, John Lennon, Amy Winehouse, David Bowie, Freddie Mercury, Prince e George Michael appaiono come stelle in un firmamento che non si spegne mai. Ci guardano, ognuno con la propria intensità, raccontando storie di genialità, fragilità, passione.
Inno alla permanenza dell’arte
L’opera racconta così un paradosso: in un mondo in cui tutto sembra correre, consumarsi e svanire in fretta, l’arte – sia essa musicale o visiva – ha la capacità di resistere al tempo. Non si limita a intrattenere, ma sedimenta, trasforma, sopravvive. L’immagine degli artisti, sospesa tra mito e memoria, diventa un inno di Renè alla permanenza dell’arte contro la caducità del quotidiano. Il linguaggio di Renè è profondamente legato alla Pop Art.
Forse perché i temi e le riflessioni di quel movimento trovano ancora una sorprendente attualità.
Se negli anni Sessanta l’arte pop metteva in discussione il consumismo, la produzione di massa e la
comunicazione dilagante, oggi l’artista la reinterpreta come chiave per raccontare la velocità di un
mondo in corsa. La tecnologia, i social, il bisogno di apparire e la fugacità delle immagini diventano il nuovo terreno di riflessione. È come se, attraverso i suoi quadri, Renè ci dicesse che – in un’epoca che divora tutto – ciò che nasce dall’arte ha la forza di restare.
Francesca Santangelo