Torniamo a occuparci oggi della Parvovirosi, una malattia che, come abbiamo visto, colpisce sia i cani che i gatti, seppur con modalità diverse. Abbiamo visto come quella che vede come vittime i cani colpisca in particolar modo il cuore e l’intestino, mentre quella che colpisce i gatti si manifesta principalmente attraverso il contatto con urine, feci o secrezioni nasali di un infetto simile.
Le differenze più evidenti tra cane e gatto
Ma la malattia è molto più di tutto questo e oggi affrontiamo l’argomento con il dottor Mirko Ivaldi, veterinario appassionato a divulgazione. Entrambi le Parvovirosi sono provocate da patogeni «che non è possibile eliminare – ha detto il dottor Ivaldi – se non con una completa guarigione e non sempre questo può avvenire. Per quanto riguarda la diagnosi differenziale tra le due, la Parvovirosi canina colpisce solo i cani e quella felina solo i gatti. Ma di fatto non è lo stesso virus che colpisce cani e gatti, bensì sono due virus diversi, molto simili, ma non uguali, di cui uno è specializzato per il cane e l’altro per il gatto».

Quali organi il Parvovirus colpisce nel cane?
La Parvovirosi canina è chiamata anche gastroenterite virale, in quanto «viene colpito soprattutto il sistema intestinale. Il parvovirus canino nelle pubblicazioni scientifiche viene chiamato anche Cpv, Cane in Parvovirus, ed è comparso nella seconda metà degli anni ’70 tra i cani in Europa. Colpisce sia adulti non vaccinati che i cuccioli in modo piuttosto terribile. E’ un virus molto resistente all’ambiente e fare biosicurezza è un problema non indifferente. Per il cuore causa miocarditi fulminanti e colpisce quasi esclusivamente i neonati provocando morte improvvisa, anche durante la nascita, sia per carenza a livello immunitario quando colpisce gli adulti che per via di un sistema immunitario non del tutto competente per i cuccioli».
Una diarrea incoercibile
Ovviamente più il cane è giovane o debole e più «la malattia è estremamente grave. E’ una diarrea incoercibile, ovvero di difficile tamponamento, che provoca fortissimi dolori e indebolisce in maniera mostruosa. Ha un odore disgustoso e caratteristico mettendo fortemente in guardia sulla diagnosi da fare e portando alla morte nel giro di 2-3 giorni. La cucciolata colpita da parvovirus ha una percentuale di sopravvivenza dell’1-2 %».
In cosa consiste la terapia nel cane?
Ma la terapia per la Parvovirosi canina c’è: «Si cerca di tenere l’animale nei parametri con flebo e alimentazione forzata, cercando di far passare il momento brutto. E’ una malattia estremamente contagiosa perché il virus, essendo resistente, dura anche mesi all’esterno. Si può diffondere anche tramite il passaggio di una persona dove ha defecato una cane infetto e si rischia di portare il parvovirus da altre parti. Il contagio è di tipo oro fecale, quindi gli oggetti contaminati da virus arrivano al cane tramite la bocca, tenendo che soprattutto i cuccioli esplorano con la bocca. Il vaccino ha un buona copertura sanitaria e permette di vivere bene, quindi consiglio di farlo».

Gli organi che il virus colpisce nel gatto
La Panleucopenia Felina, questo il nome esatto, non colpisce il cuore, ma colpisce l’intestino e anche il midollo spinale e i tessuti linfatici attaccando quindi il sistema immunitario, arrivando a danneggiare quelli che sono «i soldati del corpo. Colpisce gli adulti che non sono vaccinati e i cuccioli anche in questo caso e la trasmissione avviene, come per il cane, oralmente e per via nasale. Se si manifesta durante la gravidanza può provocare danni irreversibili a livello del cervelletto nel feto e avere gatti con problematiche molto gravi a livello neurologico alla nascita. In una colonia felina o dove c’è del randagismo non controllato non c’è possibilità di valutare la mortalità, ma quando arriva fa disastri. Il gatto in questo ha diarrea specifica, letargia e cala l’immunità personale, in quando il virus si replica dentro ai globuli bianchi distruggendoli e autotutelandosi dall’attacco di altri globuli bianchi. Il gatto può assecondare infezioni e la malattia è sottovalutata perché si diagnostica arrivata in seconda battuta e che ha portato a una sintomatologia più visibile e gestibile da un punto di vista diagnostica».
Maggiori difficoltà nel diagnosticare la malattia come sospetto
La terapia mira anche in questo caso a sperare di riuscire a riprendere il gatto infetto, anche se «date le sintomatologie un po’ meno pesanti rispetto alla parvovirosi canina è più fattibile il recupero dell’animale. Anche in questo caso c’è il vaccino in maniera regolare per difendere l’animale da questa patologia. La gravità della malattia è sullo stesso livello, anche in termini di mortalità. A differenza del cane la versione felina è più difficile da diagnosticare come sospetto. La prassi consiste in un controllo ematologico e se ci sono dei cali di globuli bianchi si mette in diagnosi differenziale e si fa un test sierologico per vedere se il gatto converte con gli anticorpi o meno».
I passi avanti della ricerca
Adesso c’è più consapevolezza rispetto a 20 anni fa, ma «nei casi di sovraffollamento il rischio c’è. Ci sono più protocolli terapeutici che permettono quantomeno al cane di non essere più un serbatoio di questa malattia. Vaccinare cani e gatti funziona sempre. Si può garantire quantomeno una discreta copertura personale in termini di anticorpi e il modo migliore per abbattere il rischio di contagio è evitare che il patogeno circoli. Non è ancora una malattia debellata, ma si riesce a capire come affrontarla».








