Fra i tesori artistici che la nostra Isola mette in bella mostra c’è un altro esempio di barocco. Ci troviamo anche questa volta nella parte sud orientale e precisamente a Ragusa, il Duomo di San Giorgio. Prima del terremoto del 1693, che distrusse tutto il Val di Noto, la chiesa madre intitolata al santo patrono della città si trovava nell’estremità est dell’abitato, nelle vicinanze dell’attuale giardino ibleo.
Cenni storici
Dopo il terremoto la chiesa fu inevitabilmente danneggiata e rimasero soltanto una piccola parte della facciata, alcune cappelle e parte della Cappella Maggiore, il che portò alla costruzione di un locale adiacente alla navata sinistra del vecchio tempio da dedicare allo svolgimento delle funzioni.
Nella prima metà del Settecento però si decise di trasferire la chiesa nel sito della vecchia parrocchia di San Nicola e il progetto di costruzione della nuova chiesa fu redatto dall’architetto Rosario Gagliardi. I lavori cominciarono nel 1744 e il 5 ottobre del 1775 con la salita delle campane si conclusero i lavori per la costruzione della facciata.
Esempio di tardobarocco
I segreti di questa splendida opera d’arte li racconta la guida turistica Gaetano Licitra, che spiega prima di tutto come il Duomo di San Giorgio sia più nello specifico un esempio di tardobarocco.
«Il Duomo di San Giorgio – sottolinea Licitra – è un capolavoro di quello che viene definito il tardobarocco, perché noi sappiamo bene che il barocco dalle nostre parti si è sviluppato dopo il terremoto del 1693 e che è arrivato solo alla fine del Seicento rispetto al resto d’Italia. Il Duomo ha una pianta a croce latina con varie navate e tante colonne, ma soprattutto non presenta stucchi e tutto quello che si vede all’interno è tutta scultura. Persino le pareti non sono nemmeno pitturate e sono lasciate a pietra proprio per far vedere la grandezza delle maestranze locali».
Differenze con i progetti originali di Gagliardi
Il basamento delle colonne è fatto con un particolare tipo di pietra, «la pietra pece, che serve anche per evitare che sale l’umidità nel terreno. Abbiamo i progetti originali di Gagliardi, che sono conservati al Museo del Duomo e lì si può fare un confronto tra quello che è stato realizzato e quello che esiste veramente. L’unica cosa che differisce dal progetto di Gagliardi è la cupola, che era prevista molto più piccola. Si aspettò che Gagliardi morisse e si bloccarono i lavori. Fu trovato un altro grande architetto, Sebastiano Ittar, che progettò l’attuale cupola neoclassica con 22 doppie colonne che sorreggono a loro volta una cupola con un cupolino con altre 22 doppie colonne. Questa opera fu realizzata da un capo mastro ragusano, che era Carmelo Cultraro, e fu ultimata nel 1810».
La dedica a San Nicola
C’è però da considerare un piccolo particolare storico, riguardante proprio l’antica chiesa di San Nicola, che fu leggermente distrutta dal terremoto e che sorgeva nell’attuale sito del Duomo.
«Quando a Gagliardi fu dato l’incarico lui scelse l’attuale zona, più alta rispetto alla città. In quel posto sorgeva la chiesa di San Nicola, che era molto importante e che riscuoteva le tasse delle chiese vicine. Nell’attuale Duomo, esattamente nel transetto di destra, c’è un quadro di Vito D’Anna che rappresenta San Nicola».








